Fino ad ora, come se la sono cavata durante questa crisi le aziende energetiche d’Europa? Secondo le stime di molti esperti, relativamente bene: il comparto delle utility è stato tra i più resilienti del sistema produttivo nazionale.
Il recente Osservatorio Agici-Accenture ha messo in luce, per i prossimi anni, uno sviluppo positivo sia per le società italiane che per quelle europee. Tuttavia, sono già attivi grandi programmi di risparmio: gli analisti calcolano che le rendite dei fornitori scenderanno in modo duraturo sotto al 4% da circa il 7% registrato fra gli anni 2012 e 2020.
Una delle conseguenze della pandemia causata dal Covid è certamente stata l’inadempienza nei pagamenti, specialmente nel settore delle utilities. Le insolvenze rappresenteranno gli effetti a lungo termine dei vari lockdown.
Un altro effetto che dobbiamo aspettarci – il tema è di strettissima attualità in Italia visto l’imminente sblocco dei licenziamenti di cui si sta parlando – è un innalzamento della disoccupazione con conseguente abbassamento del potere d’acquisto.
Con la riduzione della produzione industriale e la decrescita del PIL – nonostante le attuali previsioni ne prevedano una crescita del 4,7% e un +4,4% nel 2022 -, le utilities hanno venduto meno energia (pur avendone una grande disponibilità) a prezzi contenuti, con conseguenti risultati di scarsa marginalità.
Secondo lo Studio 2020 sullo stato di salute economica e finanziaria e sulle strategie d’investimento dei principali player energetici italiani ed europei realizzato dall’Osservatorio, per gli operatori italiani si stima per il 2020 una sensibile contrazione dei ricavi aggregati, passati da 193,6 miliardi di euro del 2019 a 173,5 miliardi di euro del 2020 con una riduzione del 10,4%. A incidere maggiormente sulla performance negativa è il cluster dei Gruppi Energetici (-12,2%), seguito da Gruppi Rinnovabili (-2,4%) e Multiutility (-2,1%).
L’Ebitda aggregato delle società italiane nel 2020 è atteso in calo del 15,2%. Tale riduzione è imputabile esclusivamente a Eni, a causa della drastica riduzione dei prezzi di petrolio e gas (-37% e -45% rispettivamente nei primi nove mesi del 2020 e al medesimo periodo del 2019) generata dal Covid-19. Sostanzialmente in linea con il 2019, invece, si stima l’Ebitda dei Gruppi Rinnovabili, e in lieve crescita il risultato sia delle Multiutility (+0,6%) che degli Operatori di Rete (+2,8%).
In riduzione del 13,6% è atteso l’utile netto aggregato per i player italiani: contrazione del 13,0% per i Gruppi Energetici, ad eccezione di Edison e Enel, e del 14,0% per le Multiutility. In linea con il 2019 si stimano i risultati dei Gruppi Rinnovabili e degli Operatori di Rete. I ricavi aggregati 2020-2023 delle Utility italiane sono previsti in crescita con un CAGR del 7,7%, passando da un totale di 162,9 miliardi di € nel 2020 a 203,4 miliardi di € nel 2023.
In questo quadro generale, l’attenzione verso le spese di gestione è quanto mai strategica. In Europa, le aziende energetiche hanno già avviato una strategia di digitalizzazione la cui diffusione è in forte aumento con investimenti cresciuti di circa il 20% a livello annuale rispetto al 2014. In Italia però la situazione non è (ancora) al livello degli altri Paesi.
Secondo uno studio del gennaio 2021, condotto da Unitalia con il Politecnico di Torino, l’Italia è ancora nella fase di trasformazione dell’organizzazione del lavoro che ha portato, nei primi 10 anni di questo secolo, a rendere autonomi i dipendenti attraverso l’ausilio di pc e tablet. Da dieci anni a questa parte, poi, sono state abilitate tecnologie che hanno permesso di rendere macchine elettriche delle unità di generazione e della rete “intelligenti”, tramite la sensorizzazione degli apparati e la loro connessione tramite architetture cloud ai sistemi informativi aziendali.
Anche se la digitalizzazione e la connessione di rete elettrica e centrali rendono possibili questi approcci di remotizzazione, le utilities ne hanno fatto ricorso in modo limitato, se non del tutto assente. Per due ragioni: la sicurezza informatica – i timori di cyberattacchi pesano molto, e recentemente quanto accaduto all’oleodotto in USA ha alzato la soglia di attenzione e preoccupazione -, e la necessità di gestire queste attività attraverso team in presenza fisica, anziché virtuale, per privilegiare forme di comunicazione e coordinamento più immediate e sicure. Vero è che l’evoluzione nelle tecnologie digitali avvenuta più recentemente fa sì che la gestione dei flussi informativi che caratterizza molti lavori sul campo possa essere supportata dalle app.
Accelerare a tempo di record la digitalizzazione e la gestione del cambiamento è tra gli obiettivi che si pone powercloud, partendo dal presupposto che in questo modo i costi possono calare. Ed è precisamente da questo punto e con questa finalità che la start up tedesca inizia a lavorare con un ri-orientamento dell’organizzazione.
Con procedimenti di buona prassi testati, la conversione software accelera enormemente il cambiamento nelle imprese coinvolte, cosa che anche i collaboratori accolgono con favore. Grazie al sistema di fatturazione cloud, il cost-to-serve (CtS) scende sotto ai 10 euro per cliente e all’anno. Un altro vantaggio decisivo di questa soluzione SaaS è relazionato con la tassa di utilizzo: powercloud si basa su un modello di licenze trasparente fondato sul numero di contratti di clienti finali attivi senza costi nascosti. Insomma, “paghi solo quello che utilizzi”.
La piattaforma SaaS rilascia aggiornamenti gratuiti in background due volte a settimana senza impattare direttamente sul cliente. Questa è una grande differenza rispetto ai sistemi legacy, in cui le aziende pagano ad esempio anche per l’“uso indiretto” quando altri sistemi accedono alla soluzione centrale, nonché per gli adeguamenti ai cambiamenti normativi e alle nuove leggi.
Inoltre, “nel vecchio mondo”, si generano prezzi elevati per il mantenimento interno, ad esempio per l’installazione degli aggiornamenti e i dispendiosi test di sistema. È qui che diventa chiaro come un presunto vantaggio iniziale diventi nel tempo un inconveniente per il settore IT e per tutta l’organizzazione dell’azienda: all’inizio una soluzione legacy on-premise può essere personalizzata molto liberamente con diversi moduli. Però nel corso degli anni ciò porta ad una “crescita selvaggia” sistemica, che è difficile da controllare. Tutti gli aggiornamenti e l’immissione in rete di nuovi progetti possono riuscire solo grazie a un impiego crescente del personale. Inoltre il sistema statico blocca l’attuazione di processi gestionali innovativi e digitali. La redditività generale dell’azienda decresce.
Le aziende energetiche possono evitare questo sviluppo negativo: il sistema end-to-end include tutti i processi per la “sala macchine dell’industria energetica” e si aggiorna autonomamente, sebbene la funzione centrale possa essere ampliata con soluzioni personalizzate tramite powerApp Store. In maniera simile a quanto avviene con gli altri app store, gli utenti troveranno estensioni per powercloud pronte all’uso e testate che sono collegate da interfaccia certificate.
L’offerta spazia dai modelli di previsione dei consumi energetici basati sull’IA ai pagamenti e alla gestione delle stazioni di ricarica (e molto altro). Il sistema modulare viene personalizzato in base alle esigenze del cliente a tempo di record e sarà perfettamente pronto all’uso dopo un brevissimo tempo di inattività, senza perdere una singola giornata di lavoro. Inoltre, può essere ampliato in qualsiasi momento e, di conseguenza, può essere introdotto, ad esempio, in altri Paesi o mercati. La soluzione non è “integrata” in alcun modo. La stabilità, la velocità e la convenienza rimangono ad un livello eccellente. Le aziende energetiche sono perfettamente attrezzate per affrontare le crescenti pressioni sui prezzi dei prossimi anni.