“La Cina è una delle economie più grandi del mondo, in continua crescita, con una popolazione che supera gli 1,3 miliardi di persone. Questo risultato è stato però raggiunto con conseguenze negative a livello di impatto ambientale con la crescita dell’inquinamento in particolar modo nei grandi centri urbani. Fortunatamente il governo cinese ha capito la situazione e ha già messo in campo delle azioni urgenti per migliorare la situazione ambientale, il tutto in un’ottica di green economy”. Così Yin Jun, Consigliere Scientifico dell’Ambasciata della Repubblica Popolare Cinese, intervenendo al VII Forum QualEnergia? per parlare dei recenti accordi Usa-Cina sulle emissioni e le rinnovabili che rivoluzioneranno le dinamiche e i mercati delle nuove energie nei prossimi decenni. “In Cina si stanno sviluppando le energie rinnovabili, le fonti di energia non fossili rappresentano l’8% del consumo di energia primaria totale registrato nel 2011, risultato che ha significato una riduzione annua di 600 milioni di tonnellate di emissioni di CO2. Nello stesso anno”, ha spiegato Yin Jun, “la capacità di generazione di energia dall’idroelettrico ha raggiunto i 230 milioni di kW, primo posto nel mondo. Tutto ciò verrà ancora più spinto con l’accordo con gli Stati Uniti”. Con l’accordo infatti, la Cina si impegna ad invertire la rotta in termini di emissioni di CO2 aumentando al 20% entro il 2030 la quota di combustibili non fossili utilizzata per la produzione di energia primaria.
“L’accordo tra Cina e Stati Uniti disegna il quadro in cui ci muoveremo nei prossimi dieci anni”, ha osservato Vittorio Cogliati Dezza, Presidente Nazionale Legambiente. “Con questo, i due giganti dell’economia mondiale stanno definendo i settori su cui si andrà a giocare la partita per il contenimento delle emissioni a livello internazionale. A pesare non è tanto la quantificazione degli obiettivi bensì le tecnologie con cui si interverrà su questo argomento: si parla infatti di azioni di mitigazione attraverso lo sviluppo di tecnologie low carbon e di investimenti nelle rinnovabili, di smart grid, di efficienza energetica, di interventi sugli edifici e sui veicoli”.
L’Europa stenta a stare al passo. Secondo Gianni Silvestrini, Direttore Scientifico QualEnergia e Kyoto Club, “viste le posizioni di grandi Paesi come Cina e Stati Uniti, il prossimo anno alla Cop di Parigi l’accordo potrebbe essere raggiunto, così come l’obiettivo di mantenere la crescita della temperatura sotto i due gradi. In parallelo c’è infatti una enorme evoluzione delle tecnologie che sta offrendo prospettive prima inimmaginabili. In questo momento”, ha spiegato Silvestrini, “c’è una competizione in positivo che aumenta la base della green economy e mette in difficoltà i settori tradizionali. L’accordo tra Cina e Stati Uniti avrà un impatto su altri Paesi emergenti. La Cina, un grande consumatore di carbone, ha capito che sta cambiando qualcosa e per la prima volta quest’anno ha ridotto il consumo di carbone. Possono tuttavia bastare gli impegni tra singoli Paesi? Non credo se guardiamo all’ultimo accordo europeo. Alla prossima Cop di Parigi infatti l’Europa arriverà un po’ affannata mentre avrebbe tutte le carte a disposizione per coprire un ruolo da protagonista”.
Anche Vittorio Cogliati Dezza ha ribadito che “in questo quadro internazionale l’Europa appare timida: gli obiettivi che si è data riguardo alla riduzione di emissioni e allo sviluppo di rinnovabili ed efficienza energetica non sono sufficienti a dettare standard che obblighino il sistema industriale ad investire in innovazione tecnologica, in efficienza energetica, in nuovi materiali e quindi in ricerca e produzione di processi produttivi che possano diventare significativi nella competizione internazionale”. L’Italia in questo contesto “sarebbe avvantaggiata: ha un sistema industriale oggi che produce meno emissioni CO2 pro capite e consuma meno energia di tutti gli altri sistemi industriali europei. Tuttavia”, ha spiegato il Presidente di Legambiente, “appare svantaggiata perché ha una classe politica e una parte della classe dirigente che non hanno colto che oggi lo scenario di riferimento è cambiato. Noi continuiamo a inseguire un modello di sviluppo che è quello simbolicamente rappresentato dall’autostrada del Sole quando i grandi artefici di quello sviluppo non giocano più in casa, né in Italia né in Europa. C’è bisogno di un’idea di sviluppo del Paese che è completamente diversa. Questa idea della rivoluzione energetica rappresenterebbe lo scenario giusto verso cui orientarsi”.
L’efficienza energetica rappresenta una sfida per l’Italia e l’Europa anche secondo Silvia Velo, Sottosegretario Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare: “È uno strumento che consente di intervenire sul fronte dell’emissione di gas serra e sull’utilizzo dei combustibili possibili, raggiungendo più traguardi e consentendo la riqualificazione delle nostre città in termini di bellezza e sicurezza. Gli strumenti di incentivazione dell’efficienza energetica ad esempio”, ha aggiunto Silvia Velo, “possono sostenere l’idea della riduzione del consumo di suolo, rendendo più conveniente ristrutturare piuttosto che fare nuove edificazioni. L’efficienza energetica è una frontiera tutta da esplorare in cui le nostre imprese hanno molto da dire in termine di tecnologie e politiche industriale e può essere l’esempio di come sostenibilità, crescita e occupazione possano tranquillamente viaggiare nella stessa direzione”.
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