L’Italia è uno dei Paesi europei con la maggior crescita delle Fer (Fonti di energia rinnovabile) e le 389 operazioni (investimenti in nuovi impianti e attività di finanza straordinaria) rilevate nel biennio ne sono una dimostrazione evidente. Gli investimenti in impianti sono stimati nel 2008-2009 in circa 6,5 miliardi di euro, pari a 4.127 MW. La crescita interna copre poco meno della metà delle operazioni mappate; quella esterna il 33% circa. Sono questi, in estrema sintesi, i dati che emergono dal primo Irex Annual Report messo a punto da Althesys e presentato a Milano alla Camera di commercio.
L’analisi costi-benefici condotta da Althesys su scenari alternativi di sviluppo delle Fer al 2020 mostra un beneficio netto per l’Italia compreso tra 23,6 e 27 miliardi di euro. A fronte della spesa per gli incentivi, volti a coprire i costi di generazione differenziali e a stimolare gli investimenti privati, vi sono benefici sia economici, sia ambientali, sia di politica energetica.
La crescita delle rinnovabili genera occupazione e indotto, spiega il rapporto, con felici ricadute sul Pil. Inoltre, il minor impiego di combustibili porta non solo a una diminuzione delle emissioni, ma anche del fuel risk.
Un comparto ancora frammentato che tenderà a razionalizzarsi. La frammentazione e la numerosità di operatori, anche piccoli, sono elementi che caratterizzano la prima fase di forte sviluppo delle rinnovabili. Questa fase, che il nostro Paese sta attraversando, è favorita da attese di alti ritorni dagli investimenti e da barriere all’ingresso più basse di quelle presenti nei mercati energetici tradizionali. È prevedibile che alla fase di crescita, rapida e per certi versi disordinata segua un processo di progressivo consolidamento con l’uscita o l’assorbimento degli operatori minori o più fragili.
Dal 2005 al 2008 in Cina sono stati installati 10 milioni di megawatt e molti imminenti progetti sono italiani. I player cinesi sono sedotti anche dagli incentivi che Roma offre con il Conto energia: Il sistema dei contributi fiscali va reso però più efficace ed efficiente.
Lo studio ha analizzato anche l’andamento in Borsa delle aziende dell’energia verde. E ha scoperto che le rinnovabili sono più stabili del petrolio. L’indice Irex, che traccia l’andamento delle società “pure” renewable quotate alla Borsa Italiana, evidenzia infatti performance superiori al mercato in generale e, nonostante la limitata capitalizzazione, una maggior stabilità rispetto al segmento oil&gas.
Di cosa hanno bisogno le rinnovabili made in Italy? Secondo il primo Irex Annual Report, soprattutto di una politica industriale di ampio respiro che deve riguardare i processi autorizzativi e la pianificazione territoriale; i sistemi di incentivazione; le infrastrutture di rete; le misure per favorire il consolidamento delle imprese; la promozione e il coordinamento della ricerca e sviluppo.
Si fa un gran parlare di una possibile “bolla” speculativa delle rinnovabili. Il rischio c’è ma è solo cartaceo. E può essere figlia dell’incertezza normativa e dei tempi lunghi delle autorizzazioni per gli impianti che fanno partire molti progetti paralleli e fotocopia.
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