Degrado dei beni culturali e Valori Limite
Ogni manufatto di qualsiasi materiale sia costituito, per il fatto stesso di essere inserito nell’ambiente è soggetto ad un processo di degrado naturale, progressivo e irreversibile, frutto dell’interazione sinergica fra diversi fattori naturali (fisici e biologici) e antropici. È comunque ormai noto che gli inquinanti atmosferici sono un fattore determinante nell’accelerare il degrado naturale. Un caso esemplare è rappresentato da Venezia, dove il rapido incremento nell’industrializzazione e urbanizzazione delle vicine Mestre e Marghera, all’inizio degli anni ’50, ha bruscamente aumentato la concentrazione d’inquinanti in aria minando il tradizionale precario equilibrio della città; in conseguenza di ciò monumenti in pietra eretti alcune centinaia d’anni fa hanno iniziato a deteriorarsi molto rapidamente [12]. A seguito del peggioramento della qualità dell’aria negli ultimi decenni, poi, i restauri sono divenuti necessari ogni 15-20 anni, quasi lo stesso tempo richiesto per l’intervento, soprattutto sulle più importanti opere d’arte [13]. E non sono solo i Beni esposti all’aperto a risentire dell’inquinamento: infatti la concentrazione delle specie aggressive indoor è fortemente e direttamente legata alla condizione outdoor [14] ed in alcuni casi, in seguito a fenomeni di accumulo, può superare i livelli esterni [15]. Le principali specie presenti nell’ambiente che interagiscono con i Beni Culturali sono le seguenti [16, 17, 18, 19, 20, 21]:
PTS: contribuisce in diversi modi al processo di degrado, in particolare dei materiali lapidei: erosione, sporcamento, formazione di croste nere, azione catalitica nell’ossidazione di SO2 sulla superficie della pietra dovuta alla presenza di metalli di transizione (Fe, Mn, V, Ni) all’interno del particolato stesso. Esso inoltre, essendo usualmente igroscopico, prolunga il periodo per cui le superfici restano umide e quindi più soggette all’aggressione da parte degli inquinanti gassosi.
SO2: mostra effetti di estrema rilevanza su quasi tutti i materiali, in particolare metallici (corrosione) e lapidei (formazione di croste nere, trasformazione in gesso del CaCO3, formazione e/o attivazione, all’interno del materiale, di sali solubili che ricristallizzando aumentano di volume e provocano esfoliazione delle superfici), agendo direttamente, ma soprattutto indirettamente attraverso la formazione di acido solforico e sali solubili.
NO2: con l’umidità dà luogo ad acido nitrico e nitrati che danneggiano materiali metallici e calcarei. Di per sé ha un’azione meno marcata rispetto ad SO2, ma mostra con esso un forte effetto sinergico.
O3: svolge un’azione diretta ossidante soprattutto sui materiali organici con gruppi olefinici ed indiretta, in quanto ossida gli altri gas inquinanti (SO2, NOx). La prima azione, quindi, riguarda principalmente le opere indoor, mentre la seconda coinvolge i materiali esposti all’aperto. È stato dimostrato un effetto sinergico fra SO2 ed O3 nei confronti di diversi materiali esposti in laboratorio e sul campo. NH3: agisce per lo più indirettamente dopo trasformazione in ione ammonio, legato agli ioni solfato, nitrato e cloruro, per interazione con gli altri inquinanti acidi dell’atmosfera. Come solfato di ammonio è particolarmente dannoso anche per il cemento. HCl: mostra azione corrosiva soprattutto nei confronti dei metalli ed è causa del cosiddetto “cancro del bronzo”; nei materiali lapidei può provocare danni legati all’igroscopicità che i cloruri hanno in presenza di altri sali, principalmente solfati. Idrocarburi: i leggeri agiscono soprattutto su tavole, tele, supporti cartacei, solubilizzando i trattamenti superficiali e facilitando il successivo attacco di inquinanti, i pesanti hanno effetto solvente sugli oli e se si depositano danno effetto idrorepellente provocando così dei distacchi. Si tratta di sostanze che agiscono prevalentemente su Beni indoor.
CO2: ha influenza sui materiali calcarei, favorendo, in presenza d’acqua, la formazione di bicarbonati solubili che possono poi ricristallizzare come carbonati. Questi attacchi e ricristallizzazioni possono portare a disgregazione e sbriciolamento del materiale superficiale che in alcune parti può essere ricoperto da veli di carbonato.
H2S: aggredisce principalmente i metalli (e i pigmenti a base di Pb) formando solfuri neri; può agire anche indirettamente trasformandosi in ossidi dello zolfo.
Tali specie hanno dunque aggressività differente sui diversi materiali a seconda delle loro caratteristiche chimico-fisiche. A parità di materiale però il degrado non dipende solo dalla concentrazione dell’inquinante, ma anche dalla sua interazione con altre specie e dalle condizioni microclimatiche e meteorologiche. I processi di degrado sono quindi molto complessi ed i fattori da considerare per darne una valutazione sono molteplici e spesso difficili da scindere. Stabilire valori limite di concentrazione in rapporto ai Beni Culturali costituisce pertanto un problema ancora aperto, considerando anche l’estrema varietà dei Beni esistenti, non solo in termini di materiali, ubicazione, valenza artistica, ma anche di età e quindi di degrado (e/o restauro) già subito.