La plastica è additata come causa (almeno parziale) dell’inquinamento di acque e terre. Se da un lato non è un concetto sbagliato, dall’altro c’è modo e modo di produrla, trasformarla e riciclarla a fine vita. Un esempio in tal senso è Eiffel, azienda di Fontanellato (PR) che ha da poco tagliato il traguardo dei 60 anni di attività.
Eiffel si occupa della produzione di teli in polietilene per svariati settori: in agricoltura per la copertura delle coltivazioni, nella cantieristica con i termoretraibili, nella impermeabilizzazione dei terreni con le geomembrane ecc. Uno dei punti deboli della lavorazione della plastica è che, pur essendo un processo concettualmente semplice, richiede molta energia. Gli impianti per la lavorazione della plastica scaldano il materiale a una temperatura adatta alla sua trasformazione, per poi essere nuovamente raffreddati.
“Questo comporta un notevole dispendio. – spiega Paolo Bernardi, Chief Technology Officer (CTO) di Eiffel – Cerchiamo di utilizzare meno elettricità possibile sfruttando impianti efficienti; inoltre, stiamo costruendo il nostro terzo parco fotovoltaico che ci consentirà di arrivare a produrre in totale circa 4 MW, un quarto del consumo complessivo degli stabilimenti produttivi”.
Produrre calore in modo efficiente è il primo passo, ma come convertirlo successivamente in una fonte energetica anziché disperderlo nell’ambiente? Innanzitutto installando sistemi adiabatici, cioè che non scambiano calore con l’esterno: un primo passo verso il riutilizzo del calore, coadiuvato dall’impiego di pompe di calore al posto delle tradizionali caldaie. Un’altra tipologia di impianto accusata di essere particolarmente energivoro è quello della produzione e della distribuzione di aria compressa.
“Se non si fa la corretta manutenzione, si possono avere perdite ingenti che comportano elevati costi. – conferma Bernardi – In azienda abbiamo introdotto sistemi di misura della portata a ultrasuoni che ci permettono di monitorare le possibili perdite. Così facendo, riduciamo i consumi ed evitiamo di installare compressori inutilmente sovradimensionati”.
Il problema principale della plastica è la sua gestione a fine vita, perché se non viene correttamente smaltita o riciclata impiega molto tempo a dissolversi nell’ambiente. Per fortuna, in particolare nel settore agricolo, il recupero post-utilizzo è ben organizzato. “Abbiamo creato e aderito a un consorzio che provvede alla raccolta dei prodotti a fine vita dai nostri clienti. – prosegue Bernardi – Questi vengono poi lavati, rigranulati e utilizzati nuovamente. Ormai nel nostro stabilimento entra solo materia prima vergine o da riciclare ed esce solo prodotto finito e conforme. Nessuno scarto, né sottoprodotti. Ogni sforzo verso processi più efficienti e sostenibili ha portato benefici non solo per l’ambiente, ma anche per i costi in bolletta. Il ritorno economico, in particolare per aziende come la nostra, è molto rapido. L’efficienza è quella risorsa silente che talvolta non sai di avere, ma quando la scopri non puoi più farne a meno”.