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La depurazione delle acque secondo Gruppo CAPERT

Gruppo CAP porta l’acqua, e la sua “seconda vita”, al Festival di Genova, l’evento di riferimento per la divulgazione della scienza in Italia. Che l’acqua di scarico debba essere depurata è un concetto ormai noto. Ma pochi sanno quanto sia complesso il processo di depurazione e quanto sia determinante per la salvaguardia dell’ambiente, per lo sviluppo di innovativi progetti di economia circolare e per affrontare i cambiamenti climatici.

Alessandro Russo, presidente e amministratore delegato, e Andrea Lanuzza, direttore generale di gestione di Gruppo CAP, la water utility che gestisce il servizio idrico integrato della Città metropolitana di Milano, hanno condotto virtualmente il pubblico in un affascinante percorso alla scoperta di uno dei presidi ambientali più importanti per salvaguardare i nostri territori: la depurazione dell’acqua.

“CAP depura ogni anno circa 318 milioni di metri cubi di acqua, più di 6 volte di quella del lago di Garda, spiega Alessandro Russo. Un flusso importante, che proviene da 6.400 km di rete fognaria e che rappresenta una risorsa molto preziosa, da riutilizzare in ottica di economia circolare. Dal ciclo di depurazione, infatti, si estraggono i fanghi, materiale ricco di sostanze organiche da cui produrre – attraverso l’impiego dei nostri digestori anaerobici – il biometano, biocombustile a basso impatto ambientale che alimenta i veicoli adibiti al trasporto, energia pulita e bio-fertilizzanti”.

L’acqua che arriva nella rete fognaria contiene, infatti, diversi elementi che possono essere recuperati nel processo di depurazione. Prima di tutto fosforo e azoto, riutilizzati nell’industria chimica, ma anche cellulosa, derivante banalmente dalla carta igienica, oggetto di un progetto di simbiosi industriale che coinvolge Novamont e CAP nella sperimentazione del butandiolo, elemento alla base della produzione di bioplastiche.

“L’acqua viene ripulita per essere immessa nuovamente nell’ecosistema ambientale attraverso fiumi, laghi, bacini. Da qui la necessità di adeguare la depurazione ai più alti standard tecnologici, investire risorse e competenze anche in ottica di sinergia industriale per offrire un servizio sempre più efficiente e sostenibile”, spiega Lanuzza.

In questo senso, Gruppo CAP ha installato nella sua rete i «detective elettronici», che adottano la tecnologia sviluppata dall’azienda israeliana Kando: sensori applicati in prossimità delle reti fognarie in grado di identificare la provenienza delle sostanze tossiche e di smascherare eventuali scarichi illeciti. L’obiettivo è utilizzare le tecnologie più avanzate per individuare chi inquina e rischia di compromettere il funzionamento dei depuratori e pertanto anche l’ecosistema del patrimonio idrico.

L’acqua depurata è una risorsa quanto mai preziosa, in particolare per l’agricoltura, sempre più minacciata dai cambiamenti climatici. Una soluzione strutturale per un settore che impiega una grande quantità di acqua, sfruttando in genere soprattutto quella di fiumi, laghi, bacini e sorgenti che compongono il nostro patrimonio idrico e che sono particolarmente esposte agli effetti del climate change. L’impegno di CAP anche in questo caso è importante: ridurre entro il 2033 gli sprechi di acqua potabile – stimati in 20 milioni di metri cubi – incentivando l’utilizzo di acqua depurata per usi come irrigazione e pulizie delle strade, passando dagli attuali 750mila metri cubi a ben 6 milioni di metri cubi. Un traguardo ambizioso che la utility pubblica intende raggiungere attraverso l’innovazione e la ricerca applicata ai settori del sistema idrico integrato: acquedotto, depurazione e sistema fognario.