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La chimica italiana chiude il 2001 in calo e per il 2002 prevede solo un parziale recuperoERT

Soffrono soprattutto chimica di base e fibre; crescono invece detergenti, cosmetici e prodotti per edilizia.

La chimica, settore ciclico per eccellenza, è tra i più colpiti dal clima recessivo e di incertezza che domina l’economia mondiale oggi.

La chimica americana, in particolare, registra nel 2001 un calo produttivo del 5% e quella europea dell’1% (ma per la Germania la caduta è del 3%).

La produzione chimica italiana (escludendo la farmaceutica) chiude nel 2001 con una flessione dello 0,5%, a seguito di una domanda interna stagnante (+0,1%), di una crescita delle importazioni del 2% e di una limitata crescita delle esportazioni (+1.5%); il valore della produzione nel 2001 dovrebbe essere di circa 37,6 miliardi di euro (53,5 con la farmaceutica).

I risultati a livello settoriale mettono in evidenza come l’eterogeneità all’interno dell’industria chimica porti i vari comparti a essere influenzati in modo diverso dalle condizioni economiche esterne.

La chimica di base, vista la sua forte ciclicità, ha risentito più degli altri settori delle difficoltà del sistema industriale. Per le plastiche, il risultato sarà una diminuzione della produzione nell’ordine del 4 – 5%: le condizioni peggiori sono quelle delle resine termoindurenti liquide, i tecnopolimeri e gli espansi poliuretanici; buono invece il mercato del Pvc e del Pet.

La chimica per l’agricoltura è stata penalizzata dall’effetto “mucca pazza” e da una stagione poco favorevole alla semina. Nei prodotti per l’industria, le vernici segnalano una leggera flessione (-0,5%), mentre i prodotti di chimica fine e le specialità proseguono la crescita stabile (+3%).

Dalla chimica per il consumo arrivano i risultati migliori. I detergenti mantengono la tendenza alla crescita (+2%), mentre i cosmetici aumentano la produzione in modo significativo (+6%).

Il risultato quantitativamente peggiore è quello delle fibre (-7,2%), penalizzate dalla crescente concorrenza estera in un contesto di domanda sempre più debole e trascinato verso il basso dalla diminuzione dell’attività tessile in Italia e in Europa.