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L’inquinamento nelle aree metropolitane: la conoscenza per la gestione.ERT

Combinando opportunamente i valori di radioattività registrati nel corso della giornata è possibile definire degli indici semi-empirici (Indici di Stabilità Atmosferica) che possono essere utilizzati per la valutazione delle concentrazioni osservate nelle diverse situazioni meteorologiche ed emissive. Ad esempio, la figura 2 mostra come è possibile mettere in relazione gli Indici di Stabilità Atmosferica calcolati per le ore del mattino con le concentrazioni di un inquinante primario, in questo caso benzene, osservate durante le stesse ore nei vari periodi della settimana (giorni feriali, sabato, domenica). I risultati mostrano che, a parità di condizioni di stabilità atmosferica, i valori di concentrazione di benzene registrati durante le giornate di sabato sono sensibilmente inferiori a quelli registrati nei giorni feriali, e che ancora inferiori sono quelli registrati alla domenica. Questo tipo di trattamento mostra come sia possibile, nota la concentrazione di un inquinante e noto il valore dell’Indice di Stabilità, avere immediatamente una valutazione del livello di emissione molto più affidabile dei dati derivabili dai livelli di concentrazione e dai dati meteorologici standard. La tecnica utilizzata, sebbene sviluppata già da molti anni, ha avuto solo recentemente l’opportunità di essere applicata al caso reale dell’inquinamento della città di Roma, portando la conoscenza del fenomeno della contaminazione atmosferica a livelli di affidabilità superiori rispetto al passato. Gli Indici sviluppati si riferiscono, come nel caso del benzene, ad inquinanti primari non reattivi, ma l’esperienza mostra che è possibile definire indici di stabilità anche per inquinanti reattivi oppure di natura secondaria, come l’ozono ed il biossido di azoto. Dunque, oltre ad un notevole interesse tecnico, la definizione degli Indici di Stabilità Atmosferica è in grado di risolvere i notevoli problemi connessi alla gestione dei piani di risanamento della qualità dell’aria che inevitabilmente saranno posti in essere in seguito alla prima fase di applicazione della Direttiva 99/30.

Particolato fine e nitrati

Uno dei problemi che derivano dall’applicazione della Direttiva 99/30 per il particolato PM10 deriva dalla grande quantità di nitrati presenti in tale frazione, che possono talvolta corrispondere anche al 50% della massa totale; nella frazione granulometrica PM2,5, tale percentuale è ancora più elevata. Studi pregressi hanno mostrato che la quasi totalità dello ione nitrato è legato allo ione ammonio; il nitrato di ammonio si forma dalla reazione di acido nitrico ed ammoniaca in fase gassosa:

HNO3 + NH3 § NH4NO3

ove la doppia freccia indica che la reazione è reversibile, ossia che il nitrato di ammonio può generare i suoi precursori, specialmente in condizioni meteorologiche caratterizzate da elevate temperature e bassa umidità relativa. Le sorgenti di acido nitrico sono interamente costituite dall’ossidazione di biossido di azoto ad opera del radicale OH:

NO2 + OH HNO3

L’acido nitrico è quindi un inquinante di origine essenzialmente fotochimica e le concentrazioni più elevate di questa specie si osservano nei siti e nei periodi in cui la concentrazione di ozono, uno dei principali generatori di radicale OH, è più elevata. La principale sorgente di ammoniaca nelle aree urbane, d’altra parte, è costituita dalla riduzione degli ossidi di azoto operata all’interno delle marmitte catalitiche. Queste, quindi, se da un verso contribuiscono alla riduzione degli ossidi di azoto e quindi dei precursori dell’acido nitrico, nello stesso tempo contribuiscono ad accrescere notevolmente la quantità di ammoniaca emessa e quindi la quantità complessiva di particolato fine. Al fine di illustrare meglio tale fenomeno, basta fare riferimento alla figura 3 che mostra la relazione tra le concentrazioni di ammoniaca e quelle di monossido di carbonio registrate in una stazione di rilevamento posta nel tessuto urbano della città di Roma. Come si può osservare, la correlazione tra le due specie è molto significativa, e da questa, utilizzando i dati relativi agli inventari di emissione per il monossido di carbonio, è possibile stimare un’emissione di ammoniaca per l’area metropolitana di Roma pari a circa 1000 tonnellate per anno. Questa quantità, sebbene modesta rispetto alle sorgenti tradizionali di ammoniaca (agricoltura, allevamenti di bestiame), riveste un grande significato ambientale perché localizzata soprattutto nelle aree urbane e perché tendente ad aumentare con l’aumento della frazione del parco circolante catalizzato. Questa emissione potrebbe nel futuro vanificare tutti gli sforzi intesi a controllare le sorgenti primarie di particolato fine. Di conseguenza, appare logico suggerire lo sviluppo di tecnologie che siano in grado di limitare le emissioni di ossidi di azoto dal parco circolante (Low NOx), così da lasciare al catalizzatore la sua funzione ambientale più importante, ovvero quella di ossidante per le sostanze organiche volatili e non. Tra l’altro, la riduzione degli ossidi di azoto emessi dalle sorgenti mobili nelle grandi aree metropolitane potrebbe contribuire in misura notevole anche alla riduzione dei livelli locali di ozono. Infatti la riduzione spinta degli idrocarburi reattivi (VOC) potrebbe portare ad uno sbilanciamento verso valori più bassi del rapporto VOC/NOx che, a parità di condizioni meteorologiche, determina il valore massimo di ozono che si può aspettare in una determinata area.

La frazione organica del particolato

La natura del materiale particolato, specialmente quello relativo alle frazioni dimensionali inalabile e respirabile (rispettivamente, PM10 e PM2,5), è caratterizzata dalla presenza di specie inorganiche, ad esempio il carbonio elementare, e da inquinanti di tipo primario e secondario, dei quali una notevole frazione è rappresentata da quelle di natura organica. La caratterizzazione della frazione organica del particolato fine costituisce probabilmente una delle più complesse fasi conoscitive della chimica dell’atmosfera e dei processi e fenomeni che conducono alla presenza di inquinamento; tuttavia, essa nello stesso tempo è in grado di fornire informazioni essenziali non soltanto sulla natura delle sorgenti di emissione degli inquinanti, ma anche sui potenziali effetti negativi sulla salute umana.