Nell’anno della pandemia il mercato delle soluzioni per l’auto connessa e intelligente (Connected Car) raggiunge un valore pari a 1,8 miliardi di euro. Un terzo del mercato è rappresentato dai sistemi ADAS (Advanced Driver Assistance Systems, 600 milioni di euro) integrati nei nuovi modelli, come la frenata automatica d’emergenza o il mantenimento del veicolo in corsia. La componente principale è costituita dalle soluzioni per la Connected Car, che nel 2020 rallentano la loro corsa fermandosi a quota 1,18 miliardi di euro (-2%), dopo essere cresciute in doppia cifra sia nel 2018 (+31%) sia nel 2019 (+14%). Un andamento in linea con quello registrato nei principali paesi occidentali, che oscilla tra -5% e +5%, e molto positivo se si considera il crollo del mercato complessivo dell’auto, che ha perso il 27,9% e ha segnato 535mila veicoli venduti in meno. Cresce invece la diffusione dei veicoli connessi: 17,3 milioni a fine anno, pari al 45% del totale del parco circolante in Italia, contro i 16,7 milioni del 2019.
Le soluzioni per l’auto connessa più diffuse sono i box GPS/GPRS per la localizzazione e la registrazione dei parametri di guida con finalità assicurative (55% del mercato, -11%), ma a trainare il mercato sono soprattutto le auto nativamente connesse tramite SIM (18%, +48%) o con sistemi bluetooth a bordo veicolo (27%, +15%). In crescita anche la componente dei servizi che sfruttano i dati raccolti dalle auto connesse, che vale 340 milioni di euro (+3%).
La Connected Car è ormai una realtà famigliare ai consumatori italiani: il 71% ha sentito parlare almeno una volta di auto connessa o di smart car, in particolare fra gli uomini (75%) e i giovani sotto i 35 anni (75%). Oltre un terzo dei consumatori possiede almeno una delle funzionalità smart per l’auto (36%), soprattutto gli assistenti vocali per chiamare, inviare messaggi e ottenere indicazioni stradali (18%), i dispositivi per la sicurezza attiva come la frenata automatica d’emergenza (13%) e i sistemi di infotainment come Car Play e Android Auto (13%). Quasi otto italiani su dieci hanno intenzione di acquistare un’auto connessa in futuro (79%), ma la pandemia ha cambiato priorità e budget per l’acquisto: per il 24% è diventata un’esigenza meno urgente e solo per il 17% ora è più importante; il 28% ha meno budget a disposizione, per l’8% è cresciuto. Nonostante i timori sulla privacy, la maggior parte degli utenti è disposta a condividere i dati della propria auto per attivare servizi aggiuntivi (57%).
L’emergenza non ha frenato la Smart Mobility: è un tema rilevante per l’85% dei comuni con più di 15mila abitanti e continua crescere il numero dei comuni che ha avviato almeno un progetto in questo ambito, dal 54% del 2019 al 60% del 2020.
Questi i risultati della ricerca dell’Osservatorio Connected Car & Mobility della School of Management del Politecnico di Milano.
“Nonostante il crollo del mercato dell’auto nel 2020, le soluzioni per l’auto intelligente e connessa hanno retto l’urto della pandemia, segnando solo una leggera flessione, compensata dalla crescita dei veicoli connessi circolanti in Italia e delle componenti del mercato più innovative, come i servizi abilitati dai dati raccolti dalle smart car – afferma Giulio Salvadori, Direttore dell’Osservatorio Connected Car & Mobility -. Il fermento del mercato è testimoniato dalle tante innovazioni che attraversano il settore, come i nuovi modelli di business e di pricing basati sulla valorizzazione dei dati e l’evoluzione tecnologica trainata dal 5G e dai sistemi per la guida autonoma, oltre che dai numerosi benefici che le smart car possono generare per consumatori, imprese e per la società nel complesso, dalla maggiore sicurezza alla riduzione delle emissioni di gas serra, dalle polizze assicurative personalizzate all’ottimizzazione della gestione delle flotte aziendali”.
Il fermento del mercato e l’interesse per l’auto connessa, anche in un anno segnato dall’emergenza sanitaria, sono motivati dai numerosi benefici che può generare per consumatori, imprese e PA. La maggiore sicurezza fornita dai sistemi di assistenza alla guida integrati nei nuovi modelli, come la frenata automatica d’emergenza o la verifica della presenza di veicoli nell’angolo cieco, è una delle principali motivazioni all’acquisto per gli utenti finali. Un’altra opportunità offerta dai sistemi ADAS è la possibilità di stipulare polizze assicurative in cui il premio varia in base a quanti e quali di questi sistemi sono presenti nel veicolo. L’Osservatorio stima che per un’auto dotata di sistemi ADAS con cilindrata compresa fra 1.300 e 1.800 cc e con un premio iniziale di 170-200 euro l’anno è possibile ridurre il rischio di incidenti del 15-20%, con conseguente sconto sul premio assicurativo pari a 25-40 euro all’anno.
Il principale beneficio per le imprese è legato alla gestione delle auto aziendali (smart). I dati provenienti dalle auto connesse consentono di programmare con anticipo gli interventi di manutenzione, con risparmio di tempo e costi, limitare i casi di uso fraudolento (ad esempio, l’uso di veicoli aziendali a scopo personale invece che lavorativo) e incentivare uno stile di guida più responsabile (limitando il tasso di incidenti e il consumo di carburante). Considerando un periodo di cinque anni, l’Osservatorio stima per il passaggio a una flotta di auto connesse un valore attuale netto (Net Present Value) di oltre 3mila euro nel caso di una piccola impresa e di 48mila euro nel caso di una media azienda, con un tempo di recupero dell’investimento pari rispettivamente a due e tre anni.
Oltre ai benefici economici, le smart car possono dare un contributo anche per quanto riguarda la sostenibilità ambientale. I veicoli autonomi e connessi (CAV) riducono infatti le emissioni di gas serra e aiutano i cittadini a limitare il tempo normalmente trascorso nel traffico. Secondo le stime dell’Osservatorio, nel caso di un pendolare che viaggia nelle ore di punta con un tasso di penetrazione CAV del 70% è possibile tagliare il tempo passato nel traffico del 63% se il CAV è di tipo V2V (dotato cioè di sistemi di comunicazione tra veicolo e veicolo) e del 34% se il CAV usa sistemi di comunicazione V2I (fra veicolo e infrastruttura). In termini di impatto ambientale, nella sola città di Milano si avrebbero circa 400 tonnellate di emissioni di CO2 in meno ogni anno utilizzando sistemi V2V e 2.700 tonnellate in meno all’anno con i sistemi V2I.
Con la crescente diffusione delle auto connesse, le imprese iniziano a intravedere il potenziale legato ai dati che queste possono raccogliere e rendere disponibili. Un mercato che a livello globale, secondo ResearchMarket, vale già 4 miliardi di dollari, considerando esclusivamente i dati provenienti dalle auto smart, e che crescerà ulteriormente nei prossimi anni. Alcuni esempi di valorizzazione dei dati raccolti dalle auto connesse sono i progetti di Smart Road, in cui i conducenti possono scegliere di pagare una tariffa aggiuntiva per utilizzare una corsia dedicata ed evitare il traffico; la possibilità offerta dai produttori di veicoli di pagare alcune funzionalità dell’auto solo quando si utilizzano, grazie ai dati comunicati dalla vettura; le polizze assicurative per i possessori di auto ibride con un premio personalizzato sulla base dell’alimentazione utilizzata.
“Sempre più spesso le aziende definiscono delle strategie per valorizzare i dati raccolti dalle smart car e adottano nuovi modelli di pricing che prevedono l’acquisto di servizi smart legati all’auto o alle strade oppure modalità pay-per-use – afferma Giovanni Miragliotta, Responsabile scientifico dell’Osservatorio Connected Car & Mobility -. Nei prossimi anni lo sviluppo della Connected Car non dipenderà più solo dalla crescente diffusione di auto connesse o delle loro tradizional funzionalità, ma anche dalla possibilità di pensare alle auto come a un canale di vendita “intelligente” per portare al cliente servizi innovativi o addirittura funzionalità di prodotto avanzate e sbloccabili a pagamento, come l’estensione della durata della batteria di un’auto elettrica o il potenziamento del motore”.
L’emergenza sanitaria ha aumentato l’attenzione dei comuni italiani per la Smart Mobility: l’85% dei comuni con più di 15mila abitanti la considera un tema rilevante o fondamentale e per il 42% la pandemia lo ha reso ancora più prioritario, mentre solo uno su dieci crede che sia meno urgente rispetto al passato. Un quinto dei comuni ha dovuto posticipare l’avvio di progetti già pianificati a causa del Covid19 e nel 51% dei casi c’è stato un lieve rallentamento, ma il numero di comuni che avviato almeno un progetto di Smart Mobility ha continuato a crescere: dal 54% del 2019 al 60% del 2020. Nel confronto con gli altri progetti in ambito Smart City, i progetti di Smart Mobility risultano più avanzati, con solo il 14% che si trova in una fase pilota (contro il 46% dei progetti di Smart City) e ben il 50% già operativo (contro il 25% delle iniziative di Smart City).
Negli ultimi mesi si sono osservati sviluppi importanti sul fronte delle tecnologie per l’auto intelligente e connessa. Si espandono le reti di comunicazione V2X, che consentono ai veicoli di comunicare fra di loro (V2V – Vehicle to Vehicle), con l’infrastruttura a bordo strada (V2I – Vehicle to Infrastructure) e con i pedoni (V2P – Vehicle to Pedestrian). “L’evoluzione delle tecnologie V2X permetterà ai veicoli di condividere in tempo reale grandi volumi di dati prodotti dai sistemi di bordo, aumentando la capacità di coordinamento delle manovre in scenari complessi di mobilità e rendendo la comunicazione efficiente per consentire rapidi scambi di informazioni, robusta per garantire questi scambi anche in caso di elevata velocità e traffico, versatile per soddisfare diverse modalità d’uso, e sicura dal punto di vista della privacy”, afferma Monica Nicoli, Professore Associato di Ingegneria delle Telecomunicazioni del Politecnico di Milano. Su questo fronte lo standard di comunicazione C-V2X sta attirando un crescente interesse da parte del mondo industriale e accademico. È una tecnologia in continua evoluzione, che per la sua coesistenza e retrocompatibilità permette di connettere veicoli e altri elementi di mobilità anche senza avere lo stesso chipset, abilitando un insieme di funzionalità e la possibilità di sfruttare le nuove versioni della tecnologia per usufruire di servizi più innovativi.
C’è fermento anche attorno ai sistemi per la guida autonoma, che sempre più si stanno affermando come elementi abilitanti per la nascita di nuovi modelli di business. “La mobilità del futuro sarà basata su veicoli a guida autonoma e sullo sviluppo di una rete logistica di consegna delle merci altamente automatizzata, alimentata da tecnologie digitali di automazione e controllo, sensing e trasmissione dati – afferma Sergio Savaresi, Professore Ordinario di Ingegneria dell’Automazione del Politecnico di Milano –. La diffusione di massa dei robo-taxi porterà a una drastica riduzione dei veicoli circolanti, ma l’elevata complessità e il costo di questi veicoli comporteranno anche una ristrutturazione dei modelli di business e delle relazioni fra costruttori e fornitori. Dalla ridefinizione di queste relazioni dipenderanno gli equilibri economici e tecnologici di tutta l’industria automotive”.