Più conosciute come norme ANPA sulla gestione dei rifiuti elettrici ed elettronici, queste rappresentano una raccolta di prescrizioni tecniche dettagliate per gli operatori del settore del trattamento delle apparecchiature. Sono regole, che pur essendo nate all’ombra dell’art.44, potrebbero essere rese valide per tutte le apparecchiature che costituiscono il settore detto del “bianco, bruno e grigio”, indipendentemente dalla provenienza dei rifiuti. Sono in linea con le prescrizioni della proposta comunitaria e, soprattutto, sono state confezionate con l’apporto conoscitivo sia dei produttori, che dei recuperatori. La problematica è molto complessa in quanto investe una grande massa di rifiuti, tutti diversi fra di loro, strutturalmente e materialmente, ma è assolutamente necessario giungere ad una normativa credibile e severa. E’ certo che molto spazio sarà poi dato anche all’istituto della Certificazione, UNI EN ISO 14001 oppure EMAS, che dovrebbero costituire una sorte di assicurazione verso l’operatore corretto. Novità si attendono comunque a breve:
– nuovo impianto di codifica, con esclusione dalla normativa semplificata di alcune tipologie di apparecchiature elettriche ed elettroniche;
– nuove norme tecniche per l’applicazione delle norme semplificate, sia per il recupero dei rifiuti non pericolosi, sia per il recupero dei rifiuti pericolosi;
– divieto di conferimento in discarica o impianti di incenerimento di apparecchiature tal quale, senza trattamento preliminare e bonifica. Le componenti delle apparecchiature che possono costituire un rischio ambientale e il loro trattamento ideale. Esauriti, per quanto possibile, gli aspetti normativi, affrontiamo ora gli aspetti pratici operativi.
Si è visto come la differenza fra una apparecchiatura obsoleta e un semplice agglomerato di metalli e plastiche, sia costituito dalla possibilità che le prime possano contenere delle sostanze che “inquinano” i materiali di cui l’apparecchiatura è composta. Pertanto analizziamo, qui di seguito, quali sono le operazioni rilevanti e perché lo sono. La fase di indubbia importanza e valenza è il disassemblaggio (o smontaggio), che è operazione inversa alla costruzione. Quasi sempre, un disassemblaggio spinto all’eccesso è molto costoso e poco utile agli effetti ambientali. Pertanto il disassemblaggio dovrà essere ottimale, spinto cioè fino ad un limite ragionevole, limite dato dalla rimozione degli aspetti ambientali negativi. Una volta raggiunto questo obiettivo minimo, la prosecuzione dell’operazione è un mero aspetto economico. È evidente quindi, come sia critica questa operazione e quale sia l’importanza della valutazione dell’attrezzo e della formazione degli operatori. Il riconoscimento della componente, gli aspetti ambientali e della sicurezza connessi, le modalità di estrazione e manipolazione, sono attività chiave in un sistema organizzato per il trattamento delle apparecchiature elettriche ed elettroniche obsolete. Vediamo ora come alcuni di essi possono essere riconosciuti e trattati:
– Condensatori contenenti PCB. Sono condensatori elettrici, solitamente con involucro in alluminio, costruiti prima del 1980. Hanno forma particolare e dimensioni rilevanti.
Non è facile il loro riconoscimento, tuttavia esistono dei parametri identificativi, che lo consentono. I condensatori simili, prodotti nello stesso periodo, che non contengono PCB, mostrano chiaramente la dicitura “no PCB’s”. Devono essere stoccati in contenitori a tenuta ed avviati ad impianti particolari, autorizzati a queste operazioni;
– Condensatori elettrici, senza PCB, oltre i 2,5 cm di altezza e diametro. Sono condensatori elettrolitici che possono contenere carte impregnate di olio dielettrico. Il loro trattamento più adeguato prevede la triturazione in ambiente controllato, con recupero della carta “intrisa”. L’involucro di metallo può essere avviato a recupero.
– Componenti a base di mercurio (come per esempio gli interruttori). Sono presenti in alcuni frigoriferi. Devono essere svuotati in adeguate cabine di protezione, sigillate e presidiate da aspiratore, con controllo dell’atmosfera. Il mercurio recuperato deve essere avviato ad impianti autorizzati, se smaltito ovvero a sistemi di recupero mediante distillazione.
– Batterie e pile. Sono presenti soprattutto sulle schede elettroniche e nei dispositivi di attrezzi portatili. Devono essere individuati, rimossi stoccati in adeguati contenitori a tenuta. Possono poi essere avviate a discarica, ovvero a impianti di trattamento e recupero. Particolare attenzione deve essere posta verso le batterie al Li che presentano il rischio di esplosione.
– Schede elettroniche. Si trovano in quasi tutte le apparecchiature elettriche ed elettroniche. Caratterizzate dal fatto che contengono anche metalli preziosi, sono spesso ricercate da molti operatori. È opportuno, nella rimozione, intervenire rimuovendo sia le pile che i condensatori. Queste schede solitamente sono recuperate per i loro componenti (memorie, chips, connettori) oppure per il loro contenuto in metalli preziosi. Agli effetti della loro deposizione in discarica, le schede costituiscono rifiuti difficili, in quanto presentano eluati ricchi di Pb e Cu, pertanto devono essere inertizzate prima di deporle.
– Cartucce di toner, dispositivi da stampa, inchiostri e toner liquidi. Si trovano nei consumabili da ufficio e nella apparecchiature da scrittura e stampa. Sono materiali molto eterogenei. Si va dalla cartuccia interamente in plastica, al tamburo fotoricettore al Se, al contenitore di toner liquido ecc. L’aspetto ambientale è dato dalla sostanza “critica” di ciascuno di essi. Pertanto l’apporto valutativo dell’operatore è una fase necessaria. Il trattamento di questi dispositivi deve avvenire in impianti dedicati al recupero del toner in polvere, piuttosto che del selenio del tamburo o quant’altro presente. I toner, che probabilmente provengono da molteplici aziende produttrici, solitamente non possono essere recuperati come tali, ma possono essere avviati, ad esempio in forma “bricchettata” ad impianti di termoutilizzazione. Gli inchiostri generalmente vengono conferiti ad impianti di incenerimento liquidi. In alcuni casi, le cartucce sono ricercate dagli operatori del “refilling”, per essere rimesse sul mercato. In questo caso è opportuno vengano trattate con cautela ed attenzione, per non produrre rotture.