I rischi fisici derivanti dal clima persistono e le aree interessate potrebbero crescere in numero ed estensione. In assenza di adeguate misure di adattamento e mitigazione dei rischi, le caratteristiche “non lineari” di questo impatto potrebbero generare ripercussioni sociali ed economiche su larga scala, mettendo a rischio milioni di persone, trilioni di dollari di attività economiche e importanti risorse materiali e naturali del Pianeta. Nelle loro decisioni, aziende, investitori e governi non possono quindi prescindere da una valutazione dei rischi climatici. Sono queste alcune delle conclusioni contenute nel nuovo report del McKinsey Global Institute dal titolo “Climate risk and response: Physical hazards and socioeconomic impacts”, pubblicato dall’istituto di ricerca della società internazionale di consulenza McKinsey & Company.
Il cambiamento climatico già oggi mette sotto una notevole pressione i sistemi socioeconomici mondiali. Il report, attraverso proiezioni sui modelli climatici, evidenzia come il continuo cambiamento del clima sia destinato a far emergere nuovi rischi e nuove incognite nei prossimi tre decenni. L’analisi si basa sullo scenario Representative Concentration Pathway (RCP) 8.5 sulla concentrazione di gas serra, ovvero quello che presenta le emissioni più elevate; ciò per consentire di valutare il rischio fisico in un contesto invariato di decarbonizzazione. Esaminando il rischio intrinseco del cambiamento climatico in assenza di azioni di adattamento e di mitigazione, la ricerca si propone di misurarne l’impatto potenziale e indicare i passi da compiere per gestire tali incertezze.
Il cambiamento climatico sta già esercitando un impatto fisico rilevante in diverse aree del mondo, che sono destinate a crescere in numero e dimensione. Questo avrà effetti diretti sui sistemi socioeconomici in cinque aree: vivibilità e possibilità di lavorare in ambienti esterni, sistema alimentare, beni fisici, infrastrutture e risorse naturali.
Al superamento delle soglie di sistema, gli impatti socioeconomici del cambiamento climatico potrebbero non essere lineari e generare effetti a catena. I sistemi socioeconomici hanno quasi raggiunto le soglie fisiche e biologiche che, una volta superate, potrebbero determinare conseguenze “non lineari”. Ad esempio, in uno scenario RCP 8.5 e in assenza di azioni di adattamento, entro il 2030 tra 160 e 200 milioni di persone in India potrebbero vivere in aree con una probabilità media annua del 5% di affrontare un’ondata di calore che supera la soglia di sopravvivenza per un essere umano sano, a causa dell’aumento delle temperature e dell’umidità. Ciò potrebbe avere ricadute anche sulla produttività, riducendo il numero effettivo di ore di lavoro in ambienti esterni. Entro il 2030, il numero medio di ore lavorative diurne perse in India potrebbe aumentare, mettendo a rischio tra il 2,5 e il 4,5% di PIL annuo. Inoltre, l’aumento delle temperature potrebbe dare impulso al turismo nelle zone del nord Europa, con contestuali ricadute sulla vitalità economica delle località turistiche dell’Europa meridionale. Il volume d’acqua nei bacini di Africa settentrionale, Grecia e Spagna potrebbe diminuire di oltre il 15% entro il 2050, mentre potrebbe aumentare tra l’1 e il 5% nei bacini di Germania e Paesi Bassi. Con l’aumento atteso delle temperature nel Mediterraneo, nel 2050 il clima di Marsiglia e di Madrid potrebbe assomigliare rispettivamente a quello attuale di Algeri e Marrakech.
L’impatto socioeconomico del cambiamento climatico potrebbe essere molto rilevante a livello globale, con ricadute dirette su persone, risorse materiali e naturali. Dall’analisi emerge che, entro il 2030, tutti i 105 Paesi esaminati potrebbero assistere all’incremento di almeno un tipo di rischio relativo alle persone, alle risorse fisiche e naturali. Ad esempio, il numero di persone che vivono in aree dove esiste il rischio di ondate di calore potenzialmente letali potrebbe passare dall’attuale zero a un valore compreso tra 250 e 360 milioni entro il 2030, con una probabilità di accadimento del 9% annuo. Il numero potrebbe aumentare tra 700 milioni e 1,2 miliardi entro il 2050, con una probabilità di accadimento del 14% annuo (in uno scenario RCP 8.5 e senza tener conto di una maggiore diffusione dei condizionatori d’aria). I rischi climatici potrebbero generare ricadute su occupazione, redditi e settori collegati. Ad esempio, il riscaldamento degli oceani potrebbe ridurre il volume di pesce pescato, con un impatto sui mezzi di sussistenza per 650-800 milioni di persone che dipendono dai proventi della pesca. Beni fisici e infrastrutture potranno essere danneggiati da una serie di fenomeni, tra cui inondazioni, incendi e uragani. I danni attesi dovuti alle sole inondazioni fluviali potrebbero quasi raddoppiare entro il 2030 rispetto ai livelli attuali e quadruplicare entro il 2050.
I mercati finanziari potrebbero identificare in anticipo il rischio nelle regioni interessate, con conseguenze su allocazione dei capitali e assicurazioni. Una maggiore comprensione del rischio climatico potrebbe portare a una difficoltà nell’ottenere prestiti a lungo termine, a una riduzione dei costi e della disponibilità di coperture assicurative e al calo dei terminal value. In Florida, ad esempio, stime basate sui trend storici indicano che le perdite dovute a inondazioni potrebbero svalutare del 15-35% le abitazioni esposte entro il 2050 (pari a un valore compreso tra 30 e 80 miliardi di dollari), a parità di altre condizioni.
I Paesi e le aree con i livelli di PIL pro capite più bassi risultano più esposte al rischio. Tipicamente le aree più povere si affidano maggiormente alle risorse naturali e al lavoro all’aperto, e presentano un clima più vicino alle soglie fisiche. Diversamente, il cambiamento climatico potrebbe favorire alcune aree: ad esempio, temperature più elevate in Canada potrebbero migliorare i raccolti.
Affrontare il rischio climatico fisico richiederà una gestione più sistematica del rischio, un’accelerazione dell’adattamento e della decarbonizzazione. Tutte le principali decisioni aziendali e politiche dovranno essere esaminate tenendo in considerazione il cambiamento climatico. Le azioni intraprese per adattarsi dovranno essere accelerate e potenziate. Ad esempio, il consolidamento delle infrastrutture e degli asset esistenti rappresenta una risposta chiave: le stime suggeriscono che nei prossimi dieci anni saranno spesi tra i 30.000 e i 50.000 miliardi di dollari per le infrastrutture. Una progettazione che tenga conto del rischio climatico può contribuire a contenere i costi di riparazione e ricostruzione per danni derivanti dal clima. Se da un lato l’adattamento è diventato ormai un’urgenza che presenta anche diverse opportunità, dall’altro gli esperti segnalano che l’ulteriore aumento del riscaldamento e del rischio climatico può essere fermato solo con la totale eliminazione di emissioni nette di gas serra.
“Così come l’attenzione rivolta ai sistemi e ai rischi informatici è ormai parte integrante dei processi decisionali nel mondo aziendale e pubblico, anche il cambiamento climatico e i rischi connessi dovranno rientrare appieno in questi processi”, ha affermato Jonathan Woetzel, Director del McKinsey Global Institute e Senior Partner di McKinsey a Shanghai. “Questo report mira a chiarire e quantificare il crescente livello di rischio fisico sistemico, in modo che assicuratori, investitori, finanziatori, governi, autorità di regolamentazione, società non finanziarie e singoli individui possano considerarlo nelle loro decisioni strategiche”.
“Se da un lato questo report evidenzia le enormi conseguenze che un clima in costante cambiamento potrebbe generare nel mondo, dall’altro fornisce ai decision maker nuovi strumenti e metodologie che consentono di valutare i rischi e intraprendere una serie di azioni che sono oggi più che mai urgenti”, ha aggiunto Dickon Pinner, Senior Partner di McKinsey a San Francisco e Leader della practice Sustainability a livello globale.