Nel frattempo il termine globalizzazione è diventato popolare assumendo una connotazione decisamente negativa come altri termini quali: chimica, artificiale, multinazionale, tecnologia ecc.
Ma la globalizzazione, come gli altri termini, non è cattiva in sé: se pensiamo anche solo alla possibilità della diffusione delle conoscenze in ogni angolo del pianeta in tempi brevissimi.
E’ la globalizzazione di un certo modello di sviluppo che potrà avere conseguenze negative.
Ma di questi concetti si parla e si discute per lo meno dal 1972 quando fu pubblicato lo studio condotto dal M.I.T. per conto del Club di Roma “I limiti dello sviluppo”.
E’ chiaro che se globalizzazione si intende stesso modo di vestirsi, stesso modo di mangiare, stesso modo di divertirsi, stesso modo di costruire beni, stesso modo di consumarli, stesso modo di pensare allora il suo significato non può che essere negativo.
Non possiamo diventare tutti uguali, non è possibile avere un unico modo di pensare, la cultura di ogni individuo e di ogni popolo è il risultato di un lento processo di evoluzione che è diverso per ognuno.
Non possiamo confondere la possibilità di disporre di un numero considerevole di beni, con il fatto che i beni disponibili siano uguali per tutti e prodotti da un ristretto gruppo che ha monopolizzato tutti i mercati.
Anche nel fantascientifico universo di Star Trek esistono popolazioni diverse con culture diverse che utilizzano beni diversi.
Purtroppo il modello cui si ispirano tutti i popoli, pare che in questo momento sia quello dei paesi industrializzati; i paesi del G8.
Ma questo modello ha un difetto fondamentale: si basa sulla crescita costante e quindi sul costante aumento dei beni prodotti.
Questo comporta inevitabilmente un aumento costante dei rifiuti prodotti quale che sia la loro forma fisica: solida, liquida o gassosa.
Comporta inoltre un continuo depauperamento delle risorse facendo tornare il discorso sui limiti dello sviluppo.
Questi concetti sono passati di moda probabilmente perché sono state superate le crisi energetiche con il solo “banale” effetto di un generalizzato aumento dei prezzi creando l’illusione che qualunque crisi sia superabile da opportuni accordi e dalla tecnologia.
Ma, senza voler aprire una polemica sull’idea di tecnologia, buona se ci fa trovare nuove fonti di petroli, cattiva se ci fa aumentare la produzione di riso o mais; è indiscutibile che si debbano usare tutte le conoscenze e le capacità possibili per trovare nuovi metodi di lavoro e di produzione che consentano di ridurre la fatica, migliorare le condizioni di vita e consentire a tutti di mantenere la propria identità culturale senza creare bisogni indotti solo per mantenere in vita un sistema produttivo basato su un aumento costante della quantità di beni e di rifiuti prodotti.