La nuova direttiva ha avuto un lungo periodo di “gestazione” per i problemi che la materia ha sollevato all’interno delle nuove norme che i diversi stati membri stanno elaborando per la liberalizzazione dei mercati elettrici. Quindi sono stati elaborati diversi emendamenti che hanno avuto lunghi tempi tecnici di recepimento da parte della Commissione Europea. L’Unione Europea e i singoli stati membri hanno riconosciuto il ruolo dell’energia da fonti rinnovabili (FER di seguito nel testo) come fondamentale per limitare le emissioni di CO2 e per contenere i cambiamenti climatici. Nelle premesse agli articoli della direttiva si riconosce che esiste un potenziale non sfruttato nelle FER in Europa e che è necessario garantire un migliore sfruttamento di queste risorse: esse possono infatti contribuire anche al conseguimento degli obiettivi espressi nei precedenti documenti di politica energetica europea (sicurezza degli approvvigionamenti) come pure alla creazione di lavoro locale e coesione sociale intorno a una maggiore sensibilità ambientale. La direttiva è, in certa misura, il “ponte” necessario per una normativa ed una politica energetica comune in Europa nel rispetto dei vincoli del protocollo di Kyoto e della direttiva europea sul mercato comune elettrico [2]. In quest’ottica la direttiva propone numerosi momenti di reporting con verifica dello stato attuativo della stessa nei diversi paesi. La Commissione deve valutare i progressi dei singoli paesi membri e proporre, ove del caso, proposte e possibili obbiettivi vincolanti per i paesi che non abbiano rispettato gli obiettivi posti. I singoli paesi membri, conformemente ai principi espressi nel Libro Bianco europeo sulle fonti rinnovabili [3], si sono posti dei precisi obiettivi di contributo percentuale di energia da FER rispetto alla previsione di consumo lordo di elettricità nel 2010 (vedi box), cioè si vuole arrivare ad un contributo del 12% sul consumo lordo di energia previsto in tutta l’Unione. È importante ricordare come lo sviluppo delle FER sia legato agli incentivi che i paesi membri sapranno mettere in atto per promuovere lo sfruttamento di risorse la cui energia non avrebbe un mercato visto il prezzo unitario maggiore dell’energia prodotta. Il sostegno è compatibile con la disciplina degli aiuti di stato per la tutela dell’ambiente e tiene conto dell’internalizzazione dei costi esterni della produzione elettrica, cioè della necessità di conteggiare i benefici ambientali connessi allo sfruttamento delle fonti rinnovabili rispetto ai danni ambientali della produzione elettrica da sorgenti fossili. La Direttiva prende atto che le misure di incentivo siano differenti per i diversi paesi ed ancora non sufficientemente studiate e si pone come obiettivo, a medio termine, di verificare i regimi di ciascun paese per presentare una proposta di quadro unitario per il sostegno all’elettricità da FER.
Nel terzo articolo la Direttiva pone particolare enfasi alle misure di reporting del raggiungimento dei risultati con una relazione biennale (27 ottobre 2003 è la data di consegna della prima) ed al continuo aggiornamento degli obbiettivi posti con una quinquennale con le previsioni per il decennio successivo. Le relazioni sono la base di valutazione delle politiche nazionali da parte della Commissione che può promuovere anche proposte ed obiettivi vincolanti per il singolo paese al fine del raggiungimento del 12% di energia del consumo lordo interno nell’Unione. La relazione deve riferirsi ai progressi effettuati nella riflessione dei costi esterni dell’elettricità prodotta da fonti non rinnovabili e dell’impatto dei regimi di sostegno alle FER. Questo sistema comporta un monitoraggio dei singoli paesi e la possibilità di modulare l’azione della Commissione in base ai risultati ottenuti, tuttavia non esiste un riferimento ad un principio di compensazione (certificati verdi transfrontalieri, tasse ambientali unificate) o ad una bozza di linea guida per la creazione di un meccanismo comune di sostegno alle FER dei diversi paesi membri. Un meccanismo siffatto avrebbe potuto diventare un mezzo per cominciare ad uniformare le politiche di sostegno alle FER dei singoli paesi e premiare quelle vincenti. Tale processo di unificazione viene altresì previsto nel futuro a medio termine e verrà costruito dalle proposte della Commissione sulla scorta delle singole relazioni quinquennali nazionali.
Tuttavia la prudenza dell’atteggiamento è giustificabile alla luce della misura delle prestazioni sulle politiche nazionali di sostegno alle FER ritenute attualmente ancora non sufficientemente “mature” e non sperimentate per un numero sufficiente di anni. In un altro articolo della Direttiva viene infatti indicato un periodo di transizione di sette anni per il passaggio da un regime di sostegno ad un altro (in Italia, ad esempio, si sta passando dal prezzo incentivato dal CIP6 al regime dei Certificati Verdi con quote di FER a produttori da fonte non rinnovabile e creazione di un mercato parallelo).
La Direttiva precisa che i regimi di sostegno devono anche essere formulati considerando le differenze tecnologiche esistenti tra le differenti tecnologie per lo sfruttamento delle FER e del luogo geografico di produzione dell’elettricità, la valutazione degli stessi sarà effettuata anche in base al criterio del costo-efficacia. La valutazione della prestazione del regime di sostegno da parte dell’Unione Europea permette anche la proposta, da parte della Commissione, del rispetto di obiettivi nazionali di energia prodotta da FER eventualmente in misura vincolante e non solo tendenziale. Il mancato passo nella direzione dell’unificazione dei regimi di sostegno del mercato transfrontaliero dell’energia “verde” viene in parte compensato mediante l’istituzione di una garanzia di origine dell’elettricità prodotta da FER che deve essere attivata entro il 27 ottobre 2003. La garanzia di origine non deve essere confusa con il certificato verde, in pratica essa è uno strumento che consente di dimostrare al produttore di energia da FER che l’elettricità venduta proviene effettivamente da FER. Le garanzie devono essere reciprocamente riconosciute dai paesi membri; nel caso in cui un paese rifiuti il riconoscimento, la Commissione può obbligare la parte a farlo; viene così istituita una base comune europea di valutazione in previsione del mercato unico dell’elettricità. Sul fronte amministrativo la Direttiva impone la semplificazione amministrativa e il coordinamento tra i diversi organismi preposti alla ricezione e al trattamento delle domande di autorizzazione.