Quando ero ragazzo una ferita veniva disinfettata con spennellature di tintura di iodio, un liquido di colore rosso che imparai a conoscere meglio quando studiai chimica. Lo iodio, con peso atomico 127, uno degli alogeni che si combinano volentieri con i metalli alcalini, dalla parte opposta della tabella di Mendeleev, è stato scoperto per caso da Bernard Courtois (1777-1838) nel 1811, duecento anni fa.
Courtois era figlio di un fabbricante di salnitro, l’importante ingrediente della polvere da sparo, molto richiesta nel secolo delle grandi guerre e rivoluzioni, e il figlio Bernard, dopo aver studiato chimica, si mise al lavoro nell’impresa del padre. Esisteva in quel tempo una richiesta di carbonato di sodio necessario per la sbianca dei tessuti; la materia prima era costituita dalle ceneri delle alghe che si depositavano sulle rive del mare in Normandia. Dopo il lavaggio delle ceneri con acqua per estrarre il carbonato di sodio, restavano dei residui da smaltire.
Il giovane Courtois, nel trattare tali rifiuti con acido solforico, osservò che si sollevava una nuvola di vapori violetti che, a contatto con una lastra fredda, lasciavano depositare bei cristallini di colore scuro di aspetto quasi metallico. A Courtois sembrava impossibile di aver scoperto un nuovo elemento ed era troppo povero per poter condurre in proprio altri esperimenti; chiese così l’aiuto di Charles Bernard Desormes (1777-1862), suo futuro cognato, che, in collaborazione con Nicolas Clément (1779-1841), condusse altre ricerche e poté annunciare la scoperta dello iodio alla comunità scientifica.
Courtois si dedicò per qualche tempo alla fabbricazione di derivati dello iodio di cui, nel frattempo, erano state scoperte le proprietà disinfettanti tanto che l’Accademia Reale di Parigi gli assegnò un premio per il contributo al miglioramento della salute. Courtois morì in miseria in un ospizio nel 1838. Le ricerche chimiche intanto avevano mostrato che lo iodio aveva proprietà simili a quelle del cloro; nel 1814 Joseph Louis Gay-Lussac (1778-1850) descrisse tali proprietà e chiamò il nuovo elemento iodio, dal nome greco del colore violetto dei suoi vapori. Un campione del nuovo elemento arrivò anche a all’altro grande chimico Humphry Davy (1778-1829) che, alla Royal Society di Londra, ne rivendicò la scoperta. Ne seguì una lunga lite fra il francese Gay-Lussac e l’inglese Davy sulla proprietà di tale scoperta, anche se tutti e due riconobbero che il povero Courtois era stato il primo a isolarlo.
Ben presto le proprietà disinfettanti dello iodio ne fecero un prodotto di grande importanza commerciale. Lo iodio è poco solubile in acqua, è solubile nelle soluzioni di ioduro di potassio e in molti solventi organici, ciascuno dei quali fornisce soluzioni di colore diverso. L’acqua di mare contiene circa 50 mg di iodio per metro cubo; varie alghe marine concentrano lo iodio nel proprio organismo e si prestano come materie prime per l’estrazione dell’elemento, proprio come aveva fatto Courtois.
Al 53 di via degli Alogeni abitano vari isotopi dello iodio. Il più importante è quello di peso atomico 127; lo iodio-131 si forma come prodotto di fissione dell’uranio; ha tempo di dimezzamento di otto giorni; l’isotopo trova impiego per il trattamento del tumore alla tiroide. La produzione mondiale di iodio si aggira sulle 29.000 tonnellate all’anno; la maggior produzione (circa 18.000 t/anno) è quella cilena che lo estrae dai sottoprodotti della lavorazione dei nitrati; segue il Giappone con circa 10.000 t/anno. Lo iodio trova impiego come integratore per alimenti animali, nella produzione degli schermi a cristalli liquidi, come mezzo di contrasto per raggi X. Il principale derivato commerciale dello iodio è lo ioduro di potassio.
di Giorgio Nebbia