Non solo Tesla, che oscura l’automotive e vola. Anche il FinTech fa ombra sulle banche tradizionali, nel Vecchio Continente. Lo sostiene un report di Bank of America dal titolo “Thematic Investing Europe: the next 10 years”.
Non stupisce: l’economia degli intangibili ha già superato, in termini di volume, l’economia reale. Il valore di ciò che non si può toccare nelle aziende ha raggiunto la quota record di storico di 65,7mila miliardi di dollari e negli Usa pesa per i due terzi del valore complessivo, secondo una ricerca di Brand Finance. Uno shift che più lentamente, ma inesorabilmente, sta avvenendo anche in Europa.
Così, nel prossimo decennio, a spiccare saranno le industrie HealthTech, MedTech, FoodTech e CleanTech, mentre i settori in difficoltà saranno petrolifero, bancario, automobilistico e l’industria del tabacco.
Gli indizi che questa transizione si stia già compiendo sono diversi. E trovano quasi un punto di arrivo nel 2020, anno della pandemia che ha accentuato il trend già in atto. Tutti i settori tradizionali sono in fase di profonda trasformazione, come ci dicono i numeri. E rischiano di essere travolti dalla disruption che al momento deriva più che altro dall’altro lato dell’Oceano.
Il caso più emblematico è quello dell’automotive, che sta compiendo un passaggio sempre più rapido all’elettrico mettendo in difficoltà le industrie focalizzate ancora sul motore endotermico che sono per lo più tutte europee.
Tesla vale in Borsa più di tutte le case auto dell’UE messe insieme. E da Tesla è già partito un movimento sulle criptovalute – con Elon Musk che ha acquistato una cifra enorme di bitcoin e twitta regolarmente a favore – che ha un inevitabile impatto anche sul mondo finanziario.
La tecnologia domina. Nel 2020 Apple ha venduto più orologi dell’intera industria orologiera svizzera. E le sette maggiori società tecnologiche USA spendono in ricerca e sviluppo quanto gli stati britannico, francese e spagnolo insieme e più della Germania. Amazon da sola nel 2019 ha speso più dell’Italia in R&D.
Ancora, i principali fornitori di servizi di telecomunicazioni nel Regno Unito, Francia, Spagna, Italia e Svizzera, messi insieme hanno una capitalizzazione inferiore a quella di Cisco; nel settore Oil & Gas la capitalizzazione di mercato combinata delle prime cinque società europee di energia fossile è risultata inferiore a quella delle cinque maggiori società europee di energie rinnovabili.
Nella finanza, infine, PayPal, Square e Adyen insieme avevano quasi la stessa capitalizzazione di mercato dell’intero settore delle banche dell’UE nell’indice Stoxx 600 nel 2020. Indice nel quale il peso delle banche è dimezzato dal 2015, passando al 7%.
L’Europa, questa è la buona notizia, non sta a guardare. E punta tutto, per rimettersi al passo dell’evoluzione tech, sul green e la sostenibilità, ponendosi come protagonista in questo ambito. Lo vediamo dal Green Deal pensato ed emanato prima della pandemia e dalla direzione pensata per i fondi del Recovery Fund, gran parte destinati alla transizione verso l’energia pulita.
Così non sorprende che otto delle prime 10 società mondiali di energia pulita per capitalizzazione di mercato fossero nel 2020 in Europa e che in fondi Esg europei pesino per il 70% di quelli totali.
Sostenibilità che si declina anche in altri modi: nella sanità, per esempio: la spesa in ricerca e sviluppo delle società sanitarie nell’indice Stoxx 600 superava nel 2020 quella dello stato francese. Tanto che in Europa si sta facendo strada l’esercito delle Gran (che si contrappone alle Fang e indica le grandi biotech). E nel Fintech, settore in cui opera anche BorsadelCredito.it, dove la capitalizzazione di mercato di Adyen, la più grande piattaforma di pagamento in Europa, ha eclissato quella della più grande banca di qualsiasi paese europeo nel 2020.
D’altronde, nonostante gli europei siano gli unici a contare più over 65 che under 15 nelle loro fila, cambiano i loro modelli di consumo. Delivery Hero, start-up tedesca di delivery nel food, nel 2020 è diventata più grande di Telefonica. O Ocado, store online leader nel Regno Unito, ha ora un valore di mercato 6 volte più grande di quello del rivenditore fisico M&S. Uno su tre abbonati Netflix e Spotify proviene dall’Europa. Nel Regno Unito, il 69% della spesa pubblicitaria è digitale rispetto al 54% negli Stati Uniti.
D’altro canto innovare è diventato estremamente più facile: nel 2000 fondare una startup costava 5 milioni di dollari, oggi bastano 5mila euro. E tutto procede più rapidamente: nel 1958, la vita media di una società dell’S&P 500 era di 61 anni, nel 2016 di 24 anni e nel 2027 sarà di 12 anni.
L’Europa non è mai stata dominata dalla tecnologia: negli ultimi venti anni il tech ha pesato nell’SXXP 600 nel range del 4-6%, mentre gli Usa hanno raddoppiato il peso delle loro società tech al 27% o del 38% se si includono anche le telecom. Ma il vento sta cambiando. Nel cambiamento le banche sono tra i soggetti a più alto rischio: fiaccate negli ultimi 10 anni da crisi finanziaria, boom del debito sovrano e crisi di domanda, hanno visto i margini crollare anche per effetto di tassi di interesse al minimo e difficoltà a prestare all’economia reale guidata da regole stringenti sui requisiti patrimoniali.
Su questo si è innestata ulteriore pressione competitive con l’ingresso dell’It e delle startup a elevato valore aggiunto che hanno dimostrato di saper valutare più accuratamente il rischio grazie ad Ai e approcci basati sui dati. Mentre la Gen Z che diventa adulta chiede più pagamenti elettronici e meno carte di credito. Le sfide nascondono ovviamente anche opportunità: le banche possiedono i dati e con la tecnologia possono farne un uso determinante per la produzione di maggiori margini. Il futuro è inevitabilmente questo.