La Commissione Ambiente, Sanità Pubblica e Sicurezza Alimentare del Parlamento europeo ha dato la propria luce verde alla proposta di direttiva per la riduzione del consumo di sacchi monouso presentata il 4 novembre, introducendo alcune novità di notevole interesse per il comparto delle bioplastiche compostabili.
In primo luogo, dal testo approvato emerge che le misure adottate dallo Stato Italiano sono ammesse anche dalla nuova direttiva, potendo gli Stati Membri mantenere in vigore misure in deroga all’art. 18 della Direttiva Imballaggi. In secondo luogo l’Europa riconosce le differenze esistenti nei Paesi Membri e dà loro la possibilità di seguire strade diverse per raggiungere il comune target di riduzione del 50% in 3 anni rispetto al 2010 e dell’80% in 5 anni. In terzo luogo, il testo approvato introduce espressamente un principio di differenziazione tra le plastiche tradizionali e le plastiche biodegradabili e compostabili per il loro riconosciuto valore nella raccolta differenziata della frazione organica. Si prevede, inoltre, che i sacchi frutta e verdura dovranno essere biodegradabili e compostabili entro 5 anni dall’entrata in vigore della Direttiva.
Da ultimo, il testo introduce un concetto assai interessante: qualora uno Stato decida di intraprendere la strada della tassazione, come avvenuto per esempio in Irlanda, i sacchi cosiddetti riutilizzabili non potranno in alcun modo costare meno di quelli monouso, a cui verrà applicata la tassa. Ciò al fine di evitare possibili aggiramenti degli obiettivi di riduzione che sono il motivo fondante della direttiva.
Ne esce quindi confermata la validità e l’importanza del modello italiano come esperienza pilota per l’intera Unione europea. È qui il caso di ricordare che, secondo i dati di Plastic Consult, grazie alla normativa adottata nel 2011, il nostro Paese è riuscito a raggiungere una riduzione dell’ordine del 50% in tre anni del volume degli shopper in circolazione, passando da circa 180.000 tonnellate nel 2010 a poco più di 90.000 nel 2013
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