Da almeno 10.000 anni l’umanità conserva uno stretto rapporto con lo zucchero. Tuttavia, fu solo nel ‘700 che nacquero le prime macchine, azionate a vapore, per la produzione dello zucchero. Forse ti sorprenderà sapere che l’uso del vapore è ancora prevalente in questo settore. In un’epoca in cui l’efficienza energetica è alla base della competitività dei produttori, è lecito chiedersi: quanto è efficiente uno zuccherificio?
Utilizzato inizialmente come ingrediente quasi religioso dalle antiche popolazioni della Nuova Guinea, nel corso di 10.000 anni lo zucchero si è diffuso in tutto il mondo, fino a diventare la base della moderna industria del food&beverage. Nel 1800 si stimava che un americano medio consumasse l’equivalente di circa 8 kg di zucchero all’anno, consumo che nel 1900 era salito a 45 kg. Per dirla con l’autore Rich Cohen del National Geographic, “lo zucchero era il petrolio della sua epoca”.
Con la crescente attenzione dedicata a uno stile di vita più sano, l’americano medio ha sostanzialmente ridotto il consumo di zucchero a meno di 35 kg l’anno, secondo una ricerca effettuata nel 2016.
Tuttavia, il consumo di zucchero rimane notevole, il che spiega la continua crescita di questo settore.
In un mercato tanto “affamato” di zucchero, la priorità dei produttori è quella di rimanere competitivi. La competitività passa attraverso l’aumento della produzione, ma anche, e più spesso, attraverso la riduzione dei costi energetici. In base all’esperienza di ABB maturata nel settore dello zucchero, una delle principali aree di inefficienza e quella dei processi di frantumazione/spremitura. Anche se la prima macchina per produrre zucchero azionata a vapore venne introdotta nel ‘700, molti zuccherifici di oggi continuano a utilizzare il vapore per azionare le macchine frantumatrici/spremitrici.
In linea teorica, la cosa ha anche un suo senso: la bagassa, un sottoprodotto della produzione dello zucchero, può essere utilizzata nelle caldaie per generare il vapore che aziona le turbine delle macchine. Questo metodo crea un’economia circolare all’interno dello stabilimento di produzione e consente di fare buon uso di un prodotto di scarto, ma è spesso inaffidabile e sempre inefficiente dal punto di vista energetico. Per questa ragione, molti produttori stanno investendo in motori elettrici e inverter ad alta efficienza per elettrificare la lavorazione dello zucchero.
L’utilizzo di un’unità VFD (Variable Frequency Drive), oltre a fornire un motore elettrico ad alta efficienza energetica e un generatore, consente agli ingegneri di avere un maggiore controllo dei consumi energetici e di ridurne i costi anche del 40%. Ad esempio, di recente ABB ha realizzato un progetto di questo tipo in uno zuccherificio in Pakistan, che in precedenza si affidava alle turbine a vapore per azionare le proprie macchine frantumatrici, utilizzando la bagassa come unica fonte di energia. ABB è intervenuta nello zuccherificio per modernizzarne i processi e utilizzare il vapore prodotto con la bagassa per azionare un generatore. L’elettricità prodotta dal generatore alimenta un motore ad alta efficienza e un inverter ABB che forniscono energia all’intero zuccherificio.
Grazie alla sua particolare struttura, che non soffre la presenza dei residui di fibre della canna da zucchero, il motore garantisce un’elevata continuità operativa anche in questo ambiente particolarmente difficile. Il nuovo sistema assorbe solo 350-400 kilowatt di potenza rispetto ai 650-700 kilowatt assorbiti dal sistema precedente, con un risparmio che va anche oltre il 40%.
Considerato che la “love story” tra l’uomo e lo zucchero è destinata presumibilmente a durare ancora per molto tempo, un siffatto risparmio energetico diventa un fattore imprescindibile per rimanere competitivi. La ricerca di nuovi metodi per migliorare i processi produttivi e l’ammodernamento delle macchine consentono a manager e ingegneri di cogliere appieno tutte le opportunità offerte da questa moderna “corsa allo zucchero”.