Nel decidere il modo migliore per venire incontro ai bisogni crescenti di energia, le risposte dipendono in maniera cruciale da come la questione viene circostanziata. Cercare la strada più efficace dal punto di vista dei costi induce a una serie di domande; includere tra le variabili il bisogno di ridurre le emissioni di gas effetto serra modifica il quadro. Aggiungere il bisogno di affrontare imminenti scarsità di acqua potabile, infine, porta a un sistema di scelte ancora più diverso.
Questa è una delle conclusioni di uno studio condotto da Mort Webster, un professore associato di sistemi ingegnerizzati al MIT, pubblicato sulla rivista Nature Climate Change. Lo studio mostra che è cruciale esaminare questi bisogni insieme prima di prendere decisioni in merito agli investimenti nelle nuove infrastrutture per la produzione di energia, per le quali le scelte fatte oggi potrebbero continuare a riguardare lo scenario di acqua ed energia per le prossime decadi.
L’intersezione di questi problemi è particolarmente critica per via del forte contributo dell’industria della produzione di energia alla totalità delle emissioni di gas serra e della forte dipendenza della maggior parte degli attuali sistemi di generazione da abbondanti rifornimenti di acqua.
Inoltre, mentre le centrali elettriche influiscono pesantemente sui cambiamenti climatici, un prevedibile risultato di quei cambiamenti climatici è una significativa variazione delle correnti delle precipitazioni, che probabilmente porterà alla siccità di alcune regioni e alla mancanza di acqua.
Sorprendentemente, sostiene Webster, questo nesso è un’area di ricerca virtualmente inesplorata: “Quando abbiamo cominciato questo lavoro abbiamo dato per scontato che il lavoro di base fosse stato fatto e che ci saremmo dedicati a un lavoro più complesso. Poi ci siamo resi conto che nessuno aveva fatto la cosa più semplice e stupida”. Cioè, concentrarsi sulla domanda fondamentale: stimare i tre problemi in connessione tra loro produrrebbe lo stesso assetto di decisioni del considerarli separatamente? La risposta trovata dai ricercatori è no.
“Costruireste le stesse strutture, lo stesso mix di tecnologie, per ottenere meno emissioni di carbonio e un minore uso di acqua?”. Webster risponde di no.
Al fine di equilibrare le risorse di acqua in esaurimento contro la crescente richiesta di elettricità, sarebbe necessario compiere una serie di scelte abbastanza differenti, e alcune di queste scelte potrebbero richiedere una ricerca dettagliata in settori che attualmente ricevono poca attenzione, come lo sviluppo di sistemi di raffreddamento per centrali elettriche che usino molta meno acqua, o non ne usino per niente.
Anche dove le tecnologie necessarie esistono, le decisioni su quali di queste usare per produrre energia elettrica sono fortemente influenzate dalle proiezioni dei costi e delle normative futuri, così come dai futuri limiti sulla disponibilità idrica. Per esempio, l’energia solare al momento non è economicamente competitiva rispetto ad altre fonti di elettricità nella maggior parte delle ubicazioni, ma quando viene messa in confronto col bisogno di ridurre le emissioni e il consumo di acqua, essa potrebbe finire per diventare la scelta migliore.
“Bisogna usare diversi sistemi di raffreddamento, e potenzialmente più energia eolica e solare, quando si include l’uso dell’acqua, che se la scelta dipendesse dalle sole emissioni di CO2”, afferma Webster. Il suo studio si focalizza sulla produzione di energia nel 2050 in base a tre scenari: scelte basate puramente sull’aspetto economico; scelte col requisito di una riduzione del 75% delle emissioni di carbonio; scelte con requisito di una riduzione di emissioni e di una riduzione del 50% nell’uso dell’acqua.
In ordine alle grandi incertezze in molte proiezioni, Webster e i suoi coautori hanno usato una simulazione matematica in cui hanno provato 1.000 diverse possibilità per ognuno dei tre scenari, mutando ogni variabile in maniera casuale all’interno di un predisposto range di incertezza. Alcune conclusioni si sono palesate attraverso migliaia di simulazioni, nonostante le incertezze. Basandosi sul solo aspetto economico, il carbone genererebbe circa metà dell’elettricità mentre, nello scenario in cui le emissioni venissero limitate, l’uso del carbone scenderebbe a un quinto tra le fonti di energia elettrica e nello scenario della limitazione combinata esso si ridurrebbe a zero. Mentre l’energia nucleare costituirebbe circa il 40% del mix energetico nello scenario di limitazione delle emissioni, essa sarebbe quasi inesistente negli altri due scenari.
“Noi vogliamo rivolgerci non solo ai decisori politici, ma anche alla comunità del mondo della ricerca”, dichiara Webster. I ricercatori “hanno ragionato a lungo su come vengono sviluppate queste tecnologie a basso contenuto di carbonio, ma hanno ragionato meno su come farlo con ridotte quantità di acqua”. Mentre sono stati compiuti studi sulla possibilità di sistemi di raffreddamento ad aria per centrali elettriche, finora non sono state costruite strutture del genere, e la ricerca in merito è stata limitata.
Ora che la loro ricerca iniziale è stata completata, Webster e il suo team si applicheranno a scenari più dettagliati su “come riuscire ad andare da qui a là”. Mentre questo studio ha riguardato il mix di tecnologie necessarie nel 2050, nella prossima ricerca l’equipe di Webster esaminerà i passi fondamentali lungo il percorso per raggiungere questo punto. “Che cosa staremo facendo nei prossimi dieci anni?”, ha chiesto. “Osserveremo le implicazioni tutte insieme”. Oltre a Webster, il lavoro è stato condotto da Pearl Donohoo e Bryan Pelmintier del MIT Engineering Systems Division ed è stato supportato dal National Science Foundation, dal US Department of Energy e dalla Martin Family Foundation.
(fonte foto MIT Energy Initiative)
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