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n.8 novembre 2012
EDITORIALE
È
ormai cosa nota agli addetti ai lavori l’anomalia
italiana sulla gestione dei rifiuti urbani che, se da un lato
ci relega ad una collocazione mediocre in termini di dato
medio nazionale, dall’altro presenta al suo interno situazioni
estreme, in termini sia positivi che negativi. Insomma, una
deviazione standard di tutto rispetto! Numerosi indicatori
di prestazione sono disponibili, dal semplice (ed abusato)
livello di raccolta differenziata complessiva, alla quantità
di rifiuto indifferenziato smaltito direttamente in discarica
(
pratica teoricamente non più ammessa), alla produzione
annua procapite di rifiuto complessivo ed indifferenziato.
Se ci si confronta con il quadro europeo, sul territorio
nazionale convivono realtà molto simili a quelle del Nord
Europa virtuoso, con situazioni analoghe a quelle di Paesi
mediamente avanzate come la Francia o il Regno Unito, con
casi assolutamente arretrati, per non dire drammatici, simili
ad esempio alla Grecia. Dunque anche in questo settore
emerge la scarsa vocazione, tipicamente italica, alla ricerca
di un approccio unitario alla problematica.
L’annuale Rapporto Rifiuti di Ispra fotografa benissimo ed
in maniera impietosa questa situazione. Se ci si sofferma
sull’indicatore della raccolta differenziata, pare di assistere
ogni anno alla volata tra le principali Regioni del Nord per
aggiudicarsi il primo posto. Ma altrettanto impressionanti
sono i risultati conseguiti da alcune Regioni del Centro
e Sud in termini di tasso di crescita annuo, in alcuni casi
quasi esponenziale (Sardegna, Marche, Campania). Sono
questi risultati conseguibili mediante il ricorso a sistemi
di raccolta domiciliare inclusivi della frazione umida, vero
punto di svolta per l’esplosione delle raccolte differenziate.
L’adozione di questa tecnica in luogo dei tradizionali
contenitori stradali consente di ottenere facilmente un
raddoppio delle percentuali di raccolta, unito ad effetti
positivi sul contenimento della produzione dei rifiuti. Vuoi che
si tratti del fenomeno della migrazione del rifiuto, di quello
di una minore intercettazione impropria di flussi di rifiuti
non domestici o di una maggiore responsabilizzazione del
cittadino, qualche punto percentuale di riduzione lo si ottiene
quasi automaticamente.
Il Rapporto, negli anni, si è anche trovato a dover fotografare
le situazioni più grottesche vissute dalla nostra Nazione.
Si pensi ad esempio al caso della “frazione secca stoccata
in Campania”, una dicitura asettica che nasconde uno dei
più grandi scempi del territorio compiuti nell’era moderna:
gli sterminati depositi delle ‘ecoballe’ (più di 6 milioni di
tonnellate), disposti su terreni acquistati in fretta e furia
da chi evidentemente sa bene come muoversi in quei
contesti. Figlio dell’anomalia campana è stato anche l’exploit
dell’impiantistica di trattamento meccanico-biologico, in forte
crescita fino ai primi anni del nuovo millennio proprio grazie
alle realizzazioni di tale Regione (quelli che oggi rispondono
all’altisonante nome di Stir – Stazioni di Tritovagliatura ed
Imballaggio Rifiuti), e successivamente stabilizzata o in
leggero declino.
E solo nell’ultima edizione del Rapporto, riportante i dati al
2010,
si riscontra il raggiungimento del fatidico traguardo
del 35% di raccolta differenziata media nazionale, con soli
7
anni di ritardo rispetto a quanto imposto dalle precedenti
normative, ormai nemmeno più in vigore perché già superate!
Tra le tendenze che si osservano, raccolta differenziata e
trattamento della frazione organica rimangono gli elementi
di maggiore dinamicità, la prima in continua crescita con più
di 4 milioni di tonnellate all’anno, il secondo che mostra un
forte orientamento verso la digestione anaerobica. Rimane
invece un convitato di pietra, rappresentato dalla riduzione
dei rifiuti. Neanche la recente congiuntura economica pare in
grado di aiutare a dare la svolta che sarebbe necessaria.
Non si può non rilevare, infine, la radicalizzazione ormai
estrema di alcuni conflitti, ed in particolare del tema della
termovalorizzazione dei rifiuti. I recentissimi sviluppi,
caratterizzati da un’ampia risonanza mediatica, evidenziano
una situazione che non ha uguali nell’Europa occidentale.
Stupisce infatti ancora come l’opposizione intransigente ad
opere di pubblica utilità possa collocarsi ai primissimi posti
delle agende politiche locali, mobilitando con estrema facilità
il consenso elettorale. Opposizione che, si badi bene, forte
della disponibilità di numerosi ‘precedenti’, spazia ormai
nel campo di quasi tutte le iniziative che riguardano i rifiuti,
anche se basate su tecnologie ormai considerate trendy
quali ad esempio proprio la digestione anaerobica del rifiuto
organico.
Mario Grosso - Ricercatore e docente di Gestione e
Trattamento dei Rifiuti Solidi al Politecnico di Milano
Gestione dei rifiuti urbani
La media e la deviazione standard