La strategia poco diversificata sulle rinnovabili in Italia sta mostrando alcuni limiti importanti, come ha denunciato, intervenendo sullo scenario di decarbonizzazione in cui emergono sempre di più i limiti di tale approccio, l’Associazione EBS (Energia da Biomasse Solide). L’Associazione raggruppa i principali produttori di energia elettrica rinnovabile da biomasse solide, collocati su tutto il territorio nazionale, e rappresenta la maggioranza della produzione elettrica da tale fonte in Italia, ottenuta con biomassa che, per oltre il 90%, è ivi prodotta. L’indotto diretto e indiretto del settore supera i 5 mila lavoratori che operano nei comparti agricolo, metalmeccanico, elettrico e della logistica.
Dei numerosi progetti presentati al MiTE per la realizzazione di impianti eolici e fotovoltaici di taglia grande, ne saranno autorizzati solo alcuni. Questo perché gli impianti si concentrano nelle stesse aree geografiche e i territori sono saturi di rinnovabili che sfruttano gratuitamente l’energia del sole e del vento. Diversamente, nel settore delle biomasse solide, gli operatori pagano un contributo economico a enti locali e operatori del settore agricolo e agroindustriale per il ritiro della materia utilizzata come combustibile nelle centrali di produzione elettrica che è costituita da residui e sottoprodotti.
La crisi del gas e il ricorso ai fondi del PNRR pare abbiano dunque contribuito all’accelerazione del processo di saturazione del territorio di fronte alla “contesa dello stesso fazzoletto di terra o di mare” che lo stesso ministro Cingolani aveva sottolineato circa un mese fa.
Una maggiore diversificazione, con maggiore attenzione e sostegno alle biomasse solide, consentirebbe di sviluppare una quota superiore di energia rinnovabile e un migliore equilibrio del mix energetico grazie a impianti distribuiti in modo uniforme su tutto il territorio nazionale, che operano secondo accordi di filiera corta nel raggio di 70 chilometri e sono in grado di fornire energia con continuità per oltre 8 mila ore l’anno.
Soprattutto, in questo momento, un servizio fondamentale che un tempo era esclusivo appannaggio degli impianti termoelettrici tradizionali a fonti fossili e che oggi potrebbe essere essere ottenuto con un impatto ambientale estremamente ridotto, perché il combustibile costituito dalle biomasse solide, a differenza del gas naturale e derivati del petrolio, è di origine biodegradabile e di natura rinnovabile.
Nel frattempo, di fronte alla preoccupante siccità, la centrali termoelettriche tradizionali si stanno fermando a causa della carenza d’acqua necessaria al processo per il raffreddamento. Un limite che generalmente gli impianti a biomasse solide non presentano, funzionando con cicli a vapore di tipo cogenerativo in cui l’acqua di processo viene in gran parte recuperata, anche per non disperdere il calore nell’ambiente.
Fonte foto Pixabay_Al3xanderD