A cura di Andrea Bardini, Chief Marketing Officer di OverIT
Pensiamo a cosa accade quando premiamo l’interruttore della luce, o a cosa succede nel momento in cui giriamo la manopola dell’acqua calda, quando avviamo la lavatrice oppure quando ci sottoponiamo a una visita diagnostica.
Le risposte a queste domande sono scontate: la luce si accende, la doccia eroga acqua calda, la lavatrice si avvia ed eseguiremo la visita medica con il macchinario medico necessario.
Dietro a questi sistemi apparentemente semplici, però, si cela un’architettura complessa. Pensiamo al primo esempio: tutto inizia con la generazione dell’elettricità nelle centrali eoliche, nucleari, solari o fossili; poi abbiamo i tralicci con i cavi che raggiungono i pali dell’alta tensione; i trasformatori; fino ad arrivare alla distribuzione di migliaia di chilometri di rete complessa, che arriva esattamente fino alla presa elettrica delle nostre case. Proprio quella che ci consente di fare “clic” e accendere la luce. Nonostante questi sistemi architetturali siano estremamente sofisticati, quello che noi percepiamo è la semplicità di queste azioni e come tutto funzioni in modo naturale e regolare.
In realtà, queste architetture nel tempo si deteriorano e diventano obsolete e sarà proprio nel momento di malfunzionamento o guasto che ci accorgeremo dell’importanza di questi asset, che fanno parte della nostra quotidianità, anche se non li vediamo e non ce ne rendiamo conto. È proprio qui che entrano in gioco tecnici, operatori, ingegneri che hanno la competenza e la missione di risolvere i problemi, di eseguire preventivamente o reattivamente attività di manutenzione e ispezione sul campo in maniera tempestiva ed efficace, cercando di massimizzare la soddisfazione dell’utente. Il fil rouge che permette di gestire gli interventi dei tecnici, ottimizzarne l’operato e che, quindi, rende possibile che “tutto funzioni”, è il Field Service Management.
Ma come si è evoluto negli anni il Field Service Management?
Il FSM è nato come servizio reattivo (quindi a guasto o a malfunzionamento avvenuto), gestito dalle aziende come un centro di costo tramite un modello basato su un servizio programmato. Se un asset smetteva di funzionare, un macchinario si fermava, veniva inviato un tecnico a effettuare la manutenzione. L’obiettivo, ove possibile, era quello di ottimizzare costi, tempi di trasferimento, chilometraggio e l’utilizzo di materiali e componenti di ricambio.
Con il tempo, le imprese hanno iniziato a gestire il service in maniera attiva. Molto spesso, infatti, i tecnici visitano direttamente e preventivamente le case dei clienti, le fabbriche o gli impianti con l’obiettivo non solo di riparare, in maniera reattiva, ciò che è “fermo”, ma anche di garantire l’uptime, ossia la continuità del funzionamento degli asset sul campo, grazie ad analisi predittive che segnalano imminenti e probabili malfunzionamenti con il risultato di prevenire i guasti.
Negli anni il FSM ha subito una progressiva evoluzione, tuttora in atto, che ha portato gli operatori a dover affrontare quotidianamente sfide sempre più complesse nella gestione dei service alla clientela o sugli asset.
Ci sono delle barriere legate alla distanza, pensiamo a quanto e come il mondo e il modo di lavorare siano cambiati nel corso degli ultimi anni. Potrebbero esserci dei tecnici che operano in un impianto in Asia e che hanno l’esigenza di collaborare con colleghi dislocati nelle Americhe. Barriere di distanza geografica, di fuso orario, ma anche linguistiche, culturali e di esperienze.
Gli asset sono spesso complessi e richiedono grande competenza per essere manutenuti o utilizzati.
Le aziende operano ancora spesso su sistemi obsoleti, talvolta on-prem o disconnessi.
La gestione delle conoscenze. Molte aziende stanno esternalizzando le attività verso imprese terze, o stanno svecchiando la forza lavoro, ma la competenza è spesso detenuta proprio dai tecnici senior, quelli esperti. E dunque come catturare la conoscenza? Come riportarla “in casa” e renderla un patrimonio aziendale? Come ridistribuirla efficacemente, ma soprattutto al momento opportuno, “just-in-time”?
Tutte queste sfide stanno dettando le basi per il Field Service Management del futuro, che sta puntando verso un FSM totalmente proattivo. Sarà un Precision FSM.
Pensiamo alle tecnologie che già oggi iniziano ad essere disponibili sul mercato e che iniziano ad avere un effetto pervasivo nelle nostre vite e a come i tecnici potranno sfruttare anche a loro vantaggio Realtà Aumentata, Machine Learning, IoT, sensoristica e robotica.
Nello specifico, il Field Service Management oggi può essere suddiviso in tre aree principali. L’Asset Maintenance che riguarda la manutenzione delle strutture più complesse, degli impianti e degli asset e tiene traccia delle riparazioni effettuate (risorse, tempistiche, garanzie, materiali …). L’ottimizzazione delle risorse in campo con l’obiettivo di allocare l’operatore tecnico più adatto all’esecuzione di un appuntamento o riparazione di un asset considerando competenze, percorsi, materiali e attrezzature, imprevisti, disponibilità o assenze dei clienti. Il Mobile Empowerment, ossia la possibilità di dotare di device mobili i tecnici, grazie ai quali sono in grado di eseguire gli ordini di lavoro in maniera più precisa ed efficace, di raccogliere informazioni e, quindi, di offrire un miglior servizio.
Inoltre, per tenere il passo con una società sempre più connessa e mobile anche i tecnici, gli ingegneri e l’intera forza lavoro che operano nel FSM utilizzano device come smartphone e tablet.
Ma non finisce qui: infatti, nel concetto di mobilità dei tecnici possiamo far rientrare anche i device indossabili, che permettono loro di operare a mani libere, di salvaguardare la propria salute, di utilizzare la voce per compiere le attività, richiedere informazioni utili e accedere al patrimonio di conoscenza base aziendale. Possono collaborare da remoto e condividere il proprio punto di vista – in tempo reale – con tecnici più esperti dislocati in qualsiasi nazione e avvalersi delle tecnologie innovative sopra citate. La realtà aumentata, il machine learning sui dati, la sensoristica e servirsi di sistemi di IoT e di diagnostica, fino alla robotica più avanzata. È possibile accedere alle informazioni di supporto contenute nel Repository virtuale tramite comandi vocali da dispositivi head-mounted (montati sulla testa) e visualizzarle in modalità hands-free (a mani libere) per assistere i manutentori. Questi avanzati strumenti digitali non solo permettono agli operatori di lavorare in modo più sicuro, ma anche di svolgere le attività assegnate più velocemente, percorrendo distanze maggiori. Il tempo risparmiato si traduce in una riduzione significativa dei momenti di blocco degli asset.
Per il futuro potremmo spingerci anche oltre, immaginando droni o robot che effettuano ispezioni su asset complessi, in condizioni particolarmente critiche o di rischio, al posto dei tecnici, magari trasmettendo in tempo reale il flusso video e raccogliendo soprattutto dati IoT grazie ai sensori. Ripensando al caso in cui tecnici, distanti fisicamente, debbano collaborare in tempo reale tra Asia e Americhe, invece, potremmo immaginare che non sia più un tecnico “fisico” a guidare l’esecuzione dell’attività, ma degli algoritmi di machine learning che sanno esattamente cosa fare per riparare, e gestire quello specifico asset o nel rapporto con un cliente, superando diverse barriere legate alla distanza (quali ad esempio orari e lingua).
Ed è proprio in tutto questo che risiede il cuore pulsante del Field Service Management in mobilità che, quindi, altro non è che il crocevia di tutte le disruptive technologies che segneranno il futuro del nostro business. Precision FSM significa, quindi, poter operare in un ambiente iperconnesso, in grado di leggere e interpretare una mole enorme di dati e contesti in tempo reale, prendendo decisioni in maniera predittiva nell’ottica di garantire il 100% di Uptime.