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Agrivoltaico, un’opportunità da non perdere per l’ItaliaERT

L’agrivoltaico rappresenta una delle soluzioni più innovative e promettenti per conciliare la produzione agricola con la generazione di energia. Si tratta di una evoluzione naturale e, al contempo, strategica della semplice installazione fotovoltaica su terreno in quanto crea un ecosistema virtuoso capace di ottimizzare sia la resa agricola sia la produzione di energia. L’integrazione tra produzione di energia rinnovabile e agricoltura sta mostrando altresì significativi vantaggi economici, ambientali e energetici.

Secondo il Joint Research Centre della Commissione Europea, basterebbe destinare all’agrivoltaico l’1,06% della superficie agricola utilizzata (SAU) dell’Unione Europea per raggiungere una capacità fotovoltaica installata di quasi 944 GW entro il 2030, quasi il doppio dell’obiettivo di 590 GW fissato. Questo potenziale offre un’occasione straordinaria per la decarbonizzazione dell’Europa, riducendo drasticamente le emissioni di CO2 senza compromettere la produzione agricola.

L’Italia è uno dei Paesi più pronti a sfruttare il potenziale dell’agrivoltaico. Nel 2023 quella agrivoltaica è stata la tecnologia cresciuta in modo più sostenuto, contando progetti per quasi 16 GW. Nel settembre 2024 il bando PNRR per finanziare impianti agrivoltaici si è chiuso con dati che confermano un forte interesse degli operatori: oltre 920 milioni di euro richiesti, 643 progetti presentati per una potenza complessiva di oltre 1,7 GW. L’Italia possiede un grande potenziale nell’agrivoltaico grazie alla combinazione di risorse naturali, politiche di sostenibilità, tecnologie avanzate e un settore agricolo forte e diversificato. Un’analisi di Althesys sul potenziale di sviluppo vedrebbe un obiettivo di circa 22 GW di capacità installata entro il 2030, pari al 58% degli impianti a terra previsti dal Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima (Pniec). Ciò implicherebbe la realizzazione di impianti su circa 40.000 ettari di terreno agricolo, una superficie che rappresenta solo l’1% della superficie agricola totale.

In uno scenario di opportunità per il comparto, esistono tuttavia nel nostro Paese numerosi ostacoli alla diffusione dell’agrivoltaico, a partire da una regolamentazione complessa che regola l’uso del suolo per la produzione di energia. In alcune aree le normative locali possono limitare l’installazione di impianti fotovoltaici su terreni agricoli, soprattutto se vengono considerati come “cambi di destinazione d’uso”, il che richiede procedure burocratiche lunghe e costose.

La compatibilità con le politiche agricole è un altro aspetto che può limitare lo sviluppo; in questo senso oggi le Linee Guida Mase costituiscono il riferimento per il settore, ma occorre poi introdurre una definizione normativa chiara di cosa si intenda per “impianto agrivoltaico”. Di fatto non esiste una configurazione migliore di un’altra e in funzione delle tipologie di colture previste dal piano agronomico si individua la configurazione ottimale, in un necessario percorso di coprogettazione agronomica e fotovoltaica.

Un altro tema che richiede approfondimento è l’individuazione di un parametro adeguato per la quantificazione della resa agricola in presenza di un impianto agrivoltaico. In questo quadro diventano fondamentali le attività di ricerca e sviluppo, orientate a studi trasversali che tengano conto degli aspetti energetici, della resa delle colture e della biodiversità.

Le potenzialità e criticità fin qui evidenziate si inquadrano in uno scenario di straordinario sviluppo dell’industria delle rinnovabili in Italia negli anni più recenti. Secondo le analisi condotte da Anie Confindustria e dal Politecnico di Milano, si stima che il settore del fotovoltaico e dell’eolico abbiano generato circa 10 miliardi di euro nel 2023. L’analisi del Politecnico di Milano sottolinea che gli investimenti per lo sviluppo della filiera delle energie rinnovabili (FER) tra il 2024 e il 2030 potrebbero variare tra i 45 e i 90 miliardi di euro, a seconda dello scenario di crescita delle FER, con un potenziale occupazionale che potrebbe arrivare fino a 100.000 addetti, una espansione che beneficerebbe, in particolare, del percorso espansivo dei segmenti fotovoltaico ed eolico (onshore e offshore).

Dalla somma algebrica tra costi e benefici dell’investimento nell’agrivoltaico una analisi di Althesys ne evidenzia un saldo positivo. In particolare, a fronte di una perdita di superficie coltivabile – e di correlati contributi PAC – stimabile in circa lo 0,08% della SAU nazionale, l’aumento contestuale delle rese agricole – a seguito della presenza dei pannelli sopraelevati che porterebbero risparmio idrico, ombreggiamento e microclima – compenserebbe il minor uso del suolo, contenendo la perdita di produzione a 44 milioni di euro al 2030. A questi andrebbe aggiunto il reddito di oltre 320 milioni di euro derivante dall’affitto dei terreni.

“L’industria italiana delle tecnologie rappresentata da Anie gioca un ruolo cruciale nel raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione” – ha affermato Filippo Girardi, Presidente di Anie Confindustria. “Lo sviluppo delle energie rinnovabili è un passaggio fondamentale verso l’indipendenza energetica, un traguardo essenziale per garantire al nostro Paese sicurezza, stabilità economica e sovranità nelle decisioni strategiche.”

“L’agrivoltaico non è solo un tema, ma una sfida peculiare che coinvolge profondamente il nostro Paese, le nostre imprese e i nostri territori” – ha dichiarato Andrea Cristini, Presidente di Anie Rinnovabili. “Lavoriamo affinché le fonti energetiche rinnovabili si integrino pienamente nel sistema energetico italiano e si concretizzi la possibilità di un Made in Italy anche in ambito agrivoltaico” – ha concluso Cristini.