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Accumulo di inquinanti in organi bersaglio umaniERT

Una delle grandi problematiche dei tempi moderni riguarda i rischi connessi al progresso tecnologico che, a un’attenta analisi, risultano spesso correlati alla chimica, una scienza trasversale che coinvolge pressoché ogni attività umana. Il cosiddetto “rischio chimico” riguarda tanto la produzione di composti sintetici, quanto la loro diffusione. Nel primo caso si tratta di un rischio industriale, strettamente legato, oltre che al tipo di materie prime impiegate che possono essere di per sé nocive, allo stato degli impianti, alla loro manutenzione, alle norme di sicurezza predisposte. In tal caso sono soprattutto i lavoratori a essere esposti al rischio di contatto con sostanze dannose per la salute. La diffusione di prodotti finiti, sia essa casuale sia voluta dall’uomo – come nel caso di diserbanti impiegati in agricoltura -espone tutta la popolazione al rischio di assumere composti nocivi per l’organismo. Le attività economiche e sociali che determinano una massiccia contaminazione del nostro ecosistema sono, innanzi tutto, l’industria, l’agricoltura (attraverso l’impiego di diserbanti e pesticidi), l’impiego indiscriminato dell’autotrazione e i sistemi di produzione dell’energia e di smaltimento dei rifiuti. Le conseguenze negative di tale inquinamento non sono a tutt’oggi pienamente comprese, in quanto molti effetti biologici si manifestano dopo lungo tempo e sono spesso il risultato di una concatenazione di processi alquanto complicata. Ciò nonostante, molte indagini epidemiologiche mostrano una correlazione tra l’aumento dell’incidenza di alcuni tipi di tumore nell’uomo e l’aumento dell’inquinamento ambientale. Ad esempio, è stato osservato che certe forme tumorali si manifestano più frequentemente nelle aree urbane maggiormente inquinate piuttosto che nelle zone rurali e che marcati aumenti nella comparsa di neoplasie si riscontrano presso le popolazioni soggette a uno sviluppo socio-economico rapido e spesso non attento alla salvaguardia dell’ambiente. Con molta probabilità, l’accresciuta incidenza del numero di tumori deve essere attribuita all’assunzione da parte dell’organismo umano di alcune sostanze inquinanti che, dopo essersi disperse nell’ambiente, finiscono inevitabilmente per entrare nella catena alimentare e sono quindi assorbite dall’organismo. In particolare, risultano molto tossici alcuni metalli quali il piombo, il mercurio e il cadmio, alcune sostanze organiche come i clorofenoli e alcuni idrocarburi clorurati, che figurano tra gli ingredienti essenziali di pesticidi, concimi e liquidi industriali (lubrificanti, liquidi per la refrigerazione, ecc.). Queste specie chimiche entrano in circolo attraverso il plasma, che le trasporta in tutto l’organismo, ma mostrano la tendenza ad accumularsi in determinati organi, detti appunto “bersaglio”, costituiti da tessuti particolarmente affini a tali sostanze.

L’importanza di una corretta informazione

L’uomo è oggi il bersaglio finale dei deterioramenti e degli inquinamenti dell’ambiente naturale, l’ultimo anello di una catena e la tappa conclusiva di meccanismi di accumulo, di addizione, di concentrazione e di interazione da parte della miriade di sostanze chimiche artificiali che invadono il pianeta, che si aggiungono all’aumentata radioattività, all’insulto dei rumori, all’affollamento e alla alienazione degli insediamenti urbani, ai fenomeni migratori, alle tensioni e ai conflitti sociali. Il fatto che gli inquinanti rechino danno alla salute umana è ormai noto a tutti, anche grazie al sempre più frequente interessamento della stampa e della televisione al riguardo, ma, pur prendendo atto di questo avvio a una diffusa presa di coscienza, bisogna dire che le reazioni dell’opinione pubblica non vanno ancor oggi oltre un senso generico di timore, dettato da una oscura e vaga percezione del pericolo, più che da una reale conoscenza della sua gravità ed estensione. È quindi indispensabile procedere a una sempre più larga e particolareggiata informazione in proposito, perché tutti i cittadini possano veramente rendersi conto di essere quotidianamente vittime di un incessante e multiforme attacco alla loro integrità fisica e psichica. La letteratura scientifica circa gli effetti degli inquinanti sulla salute umana è vastissima, tuttavia, considerando la vastità e complessità del fenomeno, possiamo senz’altro reputare assai incompleta, lacunosa e frammentaria questa massa di informazioni. Bisogna tener conto soprattutto del fatto che, da un punto di vista scientifico, non è possibile prevedere con certezza gli effetti di un inquinante dopo 10, 15 o 20 anni di contatto con l’organismo. Sinteticamente ricordiamo che, per valutare gli effetti di una sostanza sulla salute umana, è necessario compiere accurate sperimentazioni di tossicologia conica, della durata di 2 o 3 anni, iniettando o facendo assumere per via orale o respiratoria dosi del composto da studiare a varie migliaia di animali da laboratorio, di specie diverse, il cui stato di salute è valutato con metodi complessi e approfonditi. Tali prove devono essere eseguite con metodi e in condizioni altamente standardizzate ed essere svolte in laboratori adeguatamente attrezzati da parte di ricercatori e tecnici altamente specializzati. Allo stadio attuale di sviluppo dei laboratori di tossicologia cronica, si valuta in circa 300 all’anno il numero dei composti per i quali è possibile svolgere uno studio completo. Questa cifra, meglio di ogni altra, serve a giustificare la grave preoccupazione di farmacologi e tossicologi nel constatare che ogni anno migliaia e migliaia di nuove sostanze vengono immesse nell’ambiente, senza nessuna informazione sugli effetti tossicologici a lungo termine. Per quanto riguarda la valutazione sperimentale degli effetti ecologici, la situazione è probabilmente peggiore.