L’uomo cavia dell’inquinamento
Spesso l’uomo è stato la “cavia” sulla quale si sono dimostrati “de facto” gli effetti nocivi dell’inquinamento e, solo più tardi, ciò è stato confermato sperimentalmente sugli animali da laboratorio. Citeremo, a questo proposito, alcuni esempi. I tumori polmonari nei lavoratori addetti al nickel erano noti da tempo, tanto che sull’incidenza di queste forme morbose si hanno significative casistiche i cui primi dati risalgono al 1948, ma le stesse manifestazioni patologiche sono state dimostrate nei ratti solamente nel 1957: ben nove anni dopo. La febbre da fumi metallici negli individui esposti all’inalazione di gas di magnesio è descritta nel 1927, ma di amminoacidi in un ampio intervallo di concentrazioni. Il maggiore problema presentato da queste determinazioni risiede nel fatto che si tratta di analisi in tracce effettuate su matrici estremamente complesse, per cui la difficoltà maggiore delle analisi risiede spesso nella preparazione dei campioni. Si è ritenuto opportuno differenziare nettamente le determinazioni dei metalli (in particolare piombo, mercurio, cadmio, zinco e rame) da quelle delle sostanze organiche (pesticidi e policlorobifenili), sia perché la procedura di preparazione dei campioni è molto diversa nei due casi, sia perché le tecniche di analisi vere e proprie sono basate su principi totalmente diversi. Nel caso della determinazione dei metalli si ricorre di preferenza all’assorbimento atomico e alla spettrometria di massa, ed i campioni vengono preparati mineralizzando le matrici con miscele di acidi forti che hanno lo scopo di eliminare le tracce organiche. In taluni casi questa procedura non è sufficiente ed è necessario introdurre degli stadi di estrazione o concentrazione per aumentare la quantità di analita da determinare. È il caso del piombo, che può essere estratto mediante complessazione con alcuni carbammati, oppure con il O,O- dietilestere dell’acido bifosforico. La mineralizzazione della matrice è efficace nel caso della determinazione dei metalli nei tessuti molli, meno efficace nel caso in cui la determinazione debba essere effettuata nell’osso. Infatti in questo caso la base di fosfato di calcio che costituisce l’osso stesso non viene distrutta e può interferire nella determinazione successiva. Nella determinazione tramite assorbimento atomico ciascun metallo viene determinato ad una specifica lunghezza d’onda ed il limite di rivelabilità, che varia leggermente da metallo a metallo, è dell’ordine dei 10-2 µg/ml. Un limite di rivelabilità inferiore può essere raggiunto tramite la spettrometria di massa (intorno ai 10-6 µg/ml), che però presenta problemi di altro tipo, primo tra tutti l’elevato costo degli strumenti che non sono reperibili presso tutti i laboratori di analisi, in secondo luogo la necessità di inviare quantità estremamente piccole di campione nello strumento, il che rende difficoltoso l’interfacciamento con le linee automatiche che sempre più vengono impiegate per la preparazione dei campioni e che hanno lo scopo di ridurre al minimo il contatto con lo sperimentatore e quindi il rischio di contaminazione. Nel caso di metalli presenti nell’organismo a concentrazioni maggiori, l’accumulo sembra avvenire di preferenza nella parte sana, quasi che il sistema biologico nelle sue componenti riconosca l’unità del metallo accumulato; nel caso invece di metalli tossici, questi vengono concentrati nella parte tumorale, rappresentando di essi probabilmente un cofattore generale.
Sembrano altresì confermati il meccanismo dell’interazione tra metalli chimicamente simili per struttura, ma biologicamente diversi e quello dell’interazione tra di essi e alcuni amminoacidi, con conseguente modificazione dello spettro amminoacidico (e, nel caso della cisteina, delle capacità di “radical scavenger”). Per quanto riguarda la determinazione delle sostanze organiche, il lavoro è stato concentrato sui pesticidi -per la loro ormai ubiquitaria presenza sotto forma di insetticidi, erbicidi, funghicidi – e sui policlorobifenili (PCB). La determinazione di queste sostanze è basata sul principio della distribuzione tra fasi e le tecniche universalmente impiegate sono l’HPLC e, soprattutto, la gascromatografia. Quest’ultima tecnica viene condotta impiegando colonne capillari, anche se nel caso dei pesticidi i tempi di ritenzione dei vari componenti delle miscele sono, in genere, sufficientemente diversi da permettere anche l’impiego di colonne impaccate. Tra l’altro, le diverse classi di pesticidi si differenziano notevolmente per la polarità, per cui una soddisfacente separazione in classi può essere realizzata semplicemente mediante l’impiego di colonne a polarità diversa. È possibile anche ricorrere alla gascromatografia multidimensionale, che prevede l’impiego di due o più colonne, contenenti fasi fisse diverse disposte in serie o in parallelo tra loro. Nel primo caso è possibile migliorare la risoluzione di tutto il cromatogramma, nel secondo, tramite l’impiego di un’opportuna valvola, è possibile deviare nella seconda colonna solamente parte della miscela da analizzare. Infine, un importante traguardo nella separazione dei PCB riguarda la separazione degli enantiomeri, che alcuni autori stanno mettendo a punto tramite l’impiego di fasi fisse chirali costituite da cislodestrine modificate mescolate a polisilossani. La cromatografia liquida è invece meno utilizzata rispetto alla gascromatografia e ha trovato impiego soprattutto nella determinazione di quei pesticidi che assorbono nell’ultravioletto o possiedono proprietà di fluorescenza e sono quindi facilmente individuabili dai più comuni rilevatori per HPLC. Per migliorare la risoluzione ottenibile con questa tecnica, sono state messe a punto colonne dal diametro interno molto piccolo: microcolonne (diametro interno pari a circa 200 mm) e nonocolonne (diametro interno pari a circa 50 mm), che sono impiegate in microsistemi di grande interesse. Si badi, però, che l’utilizzo di tali colonne è a tutt’oggi limitato al mondo accademico. Per concludere si desidera qui sottolineare quanto sostenuto dalla Commissione Statunitense di Oncologia nominata dal presidente Clinton il 23 settembre 1993 per dare ragione al popolo americano di 30 anni di ricerca sul cancro. La Commissione concludeva i suoi lavori sostenendo che “…nonostante un investimento in 20 anni di ricerca di oltre 29 milioni di dollari e nonostante i miglioramenti delle terapie e una migliore comprensione dei problemi di carattere molecolare inerenti il cancro, sia l’incidenza sia la mortalità si sono rivelate, comunque, in continuo aumento”. È stato quindi sostenuto che se investimenti giganteschi (oltre 23 miliardi di euro in 20 anni) sono stati profusi con così scarsi risultati ai fini dell’incidenza e della mortalità, oggi bisogna puntare sulla prevenzione. Prevenzione che significa ripulire l’ambiente dove viviamo e dove lavoriamo, seguendo un corretto stile di vita sia per noi stessi che per il prossimo.