L’amianto è nei tetti, nelle condutture, nei cassoni per la raccolta di acqua potabile, nelle canne fumarie o all’interno dei pavimenti vinilici e di mal d’amianto si continua a morire. A diciotto anni dalla legge 257 del 1992 che lo metteva al bando, l’amianto è ancora molto diffuso in Italia e tanti siti contaminati attendono di essere bonificati. La stessa legge obbligava le Regioni ad adottare entro 180 giorni il Piano regionale amianto, un programma dettagliato per il censimento, la bonifica e lo smaltimento dei materiali contaminati.
Ad oggi, secondo un rapporto di Legambiente, solo 13 Regioni hanno approvato un Piano regionale per la bonifica. Ma anche quando il piano esiste, mancano le azioni che lo dovrebbero seguire, come la mappatura dei manufatti contaminati. Solo due regioni si sono poste una data entro cui completare la bonifica: la Lombardia nel 2016 e la Sardegna entro il 2023.
L’Italia è stata il secondo Paese produttore europeo e tra i principali consumatori di amianto. Secondo le stime del Cnr e di Ispesl ci sono ancora 32 milioni di tonnellate di amianto sparse per il territorio nazionale e un miliardo circa di metri quadri di coperture in eternit sui tetti. Un aiuto all’eliminazione della fibra killer era contenuto nel Conto Energia bloccato dal decreto Romani: per chi voleva sostituire tetti e coperture in eternit e amianto con pannelli solari fotovoltaici, le tariffe incentivanti del nuovo Conto Energia erano maggiorate del 10%. Ma il Governo ha bloccato tutto.
L’eternit non rappresenta un rischio per la salute se rimane integro, ma diventa pericoloso se è in cattivo stato di conservazione, usurato o rotto. Il direttore dell’Istituto Superiore per la Prevenzione (Ispesl), stima che l’amianto provochi circa 4000 decessi all’anno. Secondo il Registro Nazionale Mesioteliomi i più colpiti sono gli operai che lavorano la fibra, seguiti dai famigliari e dagli abitanti delle zone vicine ai grandi centri di pericolo, come Casale Monferrato.
L’Agenzia dell’Oms per la ricerca sul cancro (Iarc) classifica l’amianto come sicuramente cancerogeno per l’uomo, capace di provocare tumori della pleura (mesoteliomi), del polmone, della laringe, dell’ovaio. Inoltre lo Iarc ritiene probabile che l’amianto possa provocare anche tumori dell’apparato digerente (faringe, stomaco, colon). Non esiste un limite di concentrazione delle fibre al di sotto del quale l’amianto possa considerarsi innocuo. A basse concentrazioni il rischio è minore, ma non diventa mai zero. La malattia può manifestarsi anche quarant’anni dopo l’esposizione, per questo motivo gli epidemiologi prevedono che la mortalità per il più tipico dei tumori da amianto (mesoltelioma) aumenterà ancora, nonostante la proibizione al commercio, per raggiungere il picco all’incirca nel 2020.
“Per questi motivi Legambiente - ha detto Andrea Poggio, vice direttore nazionale di Legambiente - ha lanciato con la società AzzeroCO2 la campagna Eternit free, già partita con grande successo in molte provincie e regioni e presto anche a Milano e in Lombardia”. L’amianto va ricercato negli edifici costruiti prima del 1992, anno della messa al bando del suo commercio. Gli organismi preposti ai controlli sono la Asl e l’Apa. Il proprietario dell’immobile (in caso di condomini, l’amministratore) ha il dovere di segnalare alla Asl la presenza di amianto attraverso una scheda di censimento, in genere scaricabile dal sito Internet della Regione di appartenenza. Alcuni Comuni hanno avviato un proprio censimento utilizzando la medesima scheda inviata a tutti i cittadini.
Consigli per la rimozione dell’amianto dal tetto: www.viviconstile.org/consigli/difendersi-dallamianto
Dossier di Legambiente sui danni da amianto su: www.legambiente.it/dettaglio.php?tipologia_id=14&contenuti_id=503