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RMO 203 – aprile 2017

La Cina vuole diventare superpotenza high-tech

La Cina vuole arrivare ad avere un ruolo di superpotenza nell’high-tech. Finora abbiamo sempre individuato il colosso asiatico come un’area di produzione di macchinari a basso costo e di altrettanta qualità tecnologica. Ma il Governo di Pechino ha lanciato un piano di investimenti chiamato Made in China 2025. Un programma ambizioso, che fa parte di una più ampia strategia di lungo periodo di espansione di politica industriale, composto da una campagna di reclutamento di circa 10.000 giovani e brillanti menti provenienti da diverse parti del mondo da un lato e dall’altro lato formato da una campagna di acquisizioni mirate. Il presidente cinese, Xi Jinping, lo scorso anno ha anche fissato gli obiettivi da raggiungere a supporto degli investimenti governativi, indicando come la tecnologia sia uno dei principali driver sui quali si giocherà la concorrenza economica globale. Una necessità resa più acuta dal rallentamento della crescita interna nel Paese e dalla preoccupazione che il riequilibrio, tra una economia guidata dagli investimenti e uno trainata dai consumi, non riesce a convincere. Solo negli ultimi due anni, la Cina ha annunciato più di 110 miliardi di euro di investimenti mirati ad agevolare operazioni di fusioni di aziende o di acquisizioni. Sul modello tedesco di Industrie 4.0, il progetto Made in China 2025 ha lo scopo di spostare il modello produttivo cinese, basato su una produzione fatta da impianti ad alta intensità e manodopera a basso valore, a un modello che si rifaccia alla smart factory. Sfruttando i Big Data, il cloud computing e la robotica, il progetto ha lo scopo di innalzare il contenuto di produzione nazionale di componenti utilizzati in Cina dal 30% di oggi fino al 70% entro il 2025. La Commissione governativa che si occupa di Sviluppo ha annunciato la creazione di 19 laboratori nazionali, la maggior parte delle università, per supportare il Data Mining on-line e l’elaborazione basata su cloud per il settore industriale da un lato, e dall’altro per costruire una piattaforma nazionale di Big Data.

Luca Rossi