Il monitoraggio delle acque industriali.

Pubblicato il 31 ottobre 2001

Uno degli ostacoli tecnici alla commercializzazione dei biosensori per le applicazioni ambientali è rappresentato dal gran numero di classi e composti riconducibili alla categoria degli inquinanti, molti dei quali sono anche considerati pericolosi per l’uomo.

Questa diversità ed elettrogenicità ha una diretta conseguenza sui compiti del monitoraggio e sui riflessi di mercato: grande variabilità di richieste quindi all’interno di un totale definito di analisi e assenza di indicazione di interesse polarizzato.

Poiché il mercato associato con il rilevamento di ogni singolo inquinante ambientale è relativamente limitato, l’alternativa per una convenienza economica è fra sensori aspecifici o l’individuazione di correlazione fra i vari inquinanti.

L’elenco che segue fornisce un quadro dei biosensori più maturi applicati all’analisi di alcuni inquinanti ambientali relativamente diffusi.

– Fenoli Biosensore ad enzima o a cellule microbiche
– Ammoniaca Biosensore ad enzima o a cellule microbiche
– Formaldeide Biosensore ad enzima
– Benzopirene Biosensore ad anticorpi ed a cellule microbiche
– Pentaclorofenolo Biosensore ad enzima
– Nitrati/nitriti Biosensore ad enzima
– PCB Biosensore ad anticorpo
– Metalli Biosensore ad enzima ed a cellule
– Pesticidi Biosensore ad enzima, a cellule, ad anticorpo

Le trasduzioni più comunemente adottate sono quella ottica e quella amperometrica.

I metodi miniaturizzati di laboratorio ed i kit per le prove in campo sono relativamente maturi, come dimostra l’elevato numero di prodotti commerciali.

Questi dispositivi sono nati nella logica di consentire un rapido esame preliminare sulla base dei risultati ottenuti su un elevato numero di campioni e, di conseguenza, un intervento immediato in caso di necessità.

Per valutare gli effetti biologici di una data sostanza tossica si misurano gli effetti di una serie di concentrazioni della stessa sostanza su una o più specie di organismi adatti alla sperimentazione di laboratorio.

È praticamente impossibile prevedere da questi esperimenti, condotti in condizioni standardizzate su una o poche specie, gli effetti della sostanza in esame sull’intera comunità naturale.

D’altra parte, questo metodo permette di stabilire una relazione tra la concentrazione nelle acque di un dato polluente e i suoi effetti biologici, relazione che è ben difficile da stabilire dalle osservazioni nell’ambiente naturale.

Lo scopo degli esperimenti in laboratorio è, quindi, quello di prevedere sia pure con un ampio margine di insicurezza, i danni biologici potenziali che una certa concentrazione di polluente può produrre nell’ambiente.

Con questa sperimentazione è, inoltre, possibile stabilire una graduatoria di tossicità tra una serie di polluenti; tale graduatoria è basata sugli effetti provocati nelle specie considerate che vengono scelte come rappresentanti dell’intera comunità.

Il monitoraggio biologico della esposizione consente di individuare quattro diversi livelli sulla base di differenti concentrazioni degli indicatori di dose e/o effetto:
-1° livello di non intervento, in quanto gli indicatori segnano “normale”;
-2° livello di sorveglianza, quando gli indicatori segnano valori al di sotto dei quali gli effetti sono minimi, in questo caso gli esposti devono essere soggetti ad un controllo sanitario e le condizioni di lavoro vanno attentamente seguite;
-3° livello, quando i valori riscontrati indicano la possibilità della esistenza di danni se pure minori; in questo caso si ravvisa la necessità di un allontanamento, sia pure temporaneo, dal rischio e la situazione lavorativa va corretta;
-4° livello: gli elementi raccolti con il monitoraggio e gli esami clinici complementari indicano uno stato di intossicazione in atto: è necessario l’allontanamento e eventuali interventi terapeutici.

È ancor più necessaria la correzione della situazione lavorativa.

L’importanza del monitoraggio biologico ad integrazione di quello chimico nasce da due differenti ordini di considerazione: gli effetti sinergici di inquinanti diversi presenti a concentrazioni, pure entro i limiti di sicurezza, possono essere rilevati soltanto sulla base di una misura di alterazione o danno; poiché una sostanza è giudicata tossica solamente se produce danni biologici, la tossicità ambientale può essere valutata solo con il monitoraggio biologico.

D’altra parte questo monitoraggio non fornisce alcuna informazione sulle cause potenziali dei danni osservati.

È, quindi, indispensabile il monitoraggio chimico, mediante il quale vengono identificate le sostanze inquinanti e misurata la loro concentrazione, cause potenziali degli effetti biologici: è evidente che un monitoraggio non sostituisce l’altro, ma entrambi sono indispensabili per valutare il livello di degradazione dell’ambiente e la sua evoluzione nel tempo.

La scelta degli indici da monitorare dipende dalle cause del degrado del sito, dalle conseguenze del degrado e dalle strategie di recupero identificate.

Nel caso in cui una sostanza venga veicolata in varie forme chimiche e non si disponga di risorse sufficienti ad analizzarle tutte, è consigliabile misurare solo quelle che si presentano in concentrazioni maggiori.

La scelta del sito da monitorare non è banale, essa dovrebbe essere il compromesso fra esigenze scientifiche (rappresentatività, condizioni chimiche significative) e pratiche (disponibilità di servizi, facilità di accesso).

L’intervallo temporale fra due misure di una variabile dipende da due fattori principali: rappresentatività della misura e costo.

Per le variabili che possono essere misurate in continuo (frequenze molto elevate), il problema dell’intervallo di tempo che intercorre tra due misure non si pone e le serie temporali di dati così raccolti vanno analizzate statisticamente e correlate alle altre variabili.

Per le variabili il cui costo di misura in continuo o il costo di campionamento ed analisi di laboratorio sono elevati, la frequenza di misura va valutata in modo attento.

In particolare, per definire la frequenza del campionamento è importante la conoscenza della derivata rispetto al tempo della variabile.

La quantità degli inquinanti scaricata è più importante della loro concentrazione e poiché il calcolo dei carichi per tutte le variabili prevede la conoscenza della portata idraulica, è naturale dedicare più attenzione e risorse alla misura accurata e in continuo della portata.

Tale accuratezza si rifletterà sempre e per tutte le altre variabili, sulla accuratezza della stima dei carichi inquinanti.

La necessità di acquisire il maggior numero di informazioni sui parametri che definiscono i complessi fenomeni ambientali, ha favorito negli ultimi anni le ricerche nel settore dell’automazione analitica al fine di misurare variazioni spazio – temporali di parametri chimico – fisici e biologici significativi.

Il monitoraggio “in situ” ed “on – line” rappresenta oggi il superamento delle tradizionali indagini basate su prelievi puntiformi, poiché consente di evitare tutti i problemi e gli errori connessi al trattamento ed alla conservazione del campione.

La raccolta di dati in tempo reale è un valido strumento per prevedere l’innesco di processi di degrado e predisporre interventi di salvaguardia.