Gestione dei rifiuti e trattamento delle acque reflue di cartiera.

Pubblicato il 15 ottobre 2001

Di minore volume sono invece i rifiuti di vario genere, quali gli scarti di ferro, legno e plastica provenienti dalla gestione degli imballaggi, gli oli esausti e i rifiuti assimilabili agli urbani.

L’aumento della produzione di rifiuti negli ultimi anni è dovuta essenzialmente all’incremento delle capacità di trattamento degli impianti di depurazione delle acque e all’aumentato impiego del macero, in particolar modo post-consumer, caratterizzati da un più elevato contenuto di impurità e di fibra non riutilizzabile.

I residui della produzione della carta hanno caratteristiche tali da renderli nella maggior parte dei casi idonei per il riutilizzo in altre attività produttive, quali la copertura di discariche e per la produzione di cemento e laterizi.

A questo riguardo va citato l’accordo recentemente raggiunto con la Andil (l’associazione italiana dei produttori di laterizi) per favorire lo sviluppo di nuove pratiche di recupero dei fanghi di cartiera attraverso la produzione di laterizi.

La loro matrice organica e l’estremamente basso contenuto di metalli e altri composti pericolosi, li rende inoltre particolarmente adatti per il recupero energetico.

In questo modo si ottiene il doppio vantaggio di ridurre il consumo di combustibili d’origine fossile per la generazione d’energia elettrica, e si riduce sensibilmente il volume dei fanghi stessi.

Il fango, reso inerte dalla combustione, una volta conferito in discarica non rilascia più nell’atmosfera metano, uno dei gas responsabili dell’effetto serra.

È quindi auspicabile che si possano introdurre tali forme avanzate di gestione dei rifiuti anche nel nostro paese, così come avvenuto da tempo in altri paesi della Comunità Europea.

L’evoluzione temporale della generazione di rifiuti è rappresentata nel grafico di figura 2, ottenuto sulla base dei dati espressi da un campione omogeneo di 55 stabilimenti (22 nella precedente rilevazione relativa al periodo 1995-1998).

Trattamento degli scarichi idrici
La depurazione delle acque di processo avviene attraverso processi di tipo chimico-fisico o biologico (aerobico o anaerobico), in funzione delle caratteristiche dei reflui da trattare.

Per applicazioni specifiche, sono inoltre stati introdotti processi di evaporazione o di ultrafiltrazione, come ad esempio nel caso della purificazione e recupero delle acque di patina (figura 5).

Specifiche condizioni locali hanno inoltre favorito lo sviluppo di impianti esterni di trattamento delle acque (vedi impianti consortili), cui, di norma, si allacciano più stabilimenti, spesso anche di differente tipologia produttiva, o insediamenti urbani.

In molti casi le acque consegnate al depuratore consortile sono comunque trattate prima all’interno dello stabilimento per una maggiore efficienza d’abbattimento degli inquinanti.

Gli inquinanti presenti nelle acque reflue di cartiera derivano essenzialmente dall’impiego della cellulosa e degli additivi di origine naturale, quali ad esempio l’amido, oltre alle cariche minerali inerti.

I parametri internazionalmente riconosciuti per determinare il livello qualitativo delle acque reflue sono perciò il COD, espressione del carico organico, e i solidi sospesi.

Non è invece significativa, per la realtà italiana, la presenza di composti organici alogenati (AOX), dato che l’industria ha, da tempo, eliminato l’utilizzo del cloro nei suoi processi, mentre l’emissione di azoto e fosforo deriva essenzialmente dall’impiego di nutrienti per la coltivazione dei fanghi di depurazione biologica e rappresenta un fattore d’impatto di scarso rilievo.

Le emissioni di azoto del settore nel 1999 sono state inferiori a 1000 tonnellate, mentre il fosforo è stato rilasciato in quantità ancora minori (300 tonnellate).

Negli anni il contenuto di COD e di solidi sospesi nelle acque di scarico delle cartiere è costantemente diminuito, tanto che oggigiorno tali parametri raggiungono livelli mediamente inferiori alla metà dei requisiti di legge.

Nel 1999 il carico complessivo derivante dal settore cartario italiano è stato inferiore alle 26.400 tonnellate per il COD e 6.100 tonnellate per i solidi sospesi.

I grafici delle figure 6 e 7, riportanti l’andamento negli ultimi cinque anni, si riferiscono a un campione omogeneo, rispettivamente di 51 cartiere per il COD e di 45 per i solidi sospesi.

In particolare la nuova rilevazione dei solidi sospesi, basata su un campione più esteso, rispetto alla precedente rilevazione che aveva coinvolto solamente 22 impianti, ha portato a un significativo ridimensionamento del dato finale, ora sicuramente più accurato.

A ridurre ulteriormente il carico inquinante qui riportato contribuiscono, inoltre, gli impianti consortili, ai quali è allacciata, mediamente, una cartiera su cinque.

La possibilità di conferire le acque reflue in tali impianti rappresenta un’importante alternativa per le aziende italiane, in particolare per quelle di minori dimensioni.

L’installazione di un impianto di depurazione è, infatti, subordinata alla disponibilità di una massa critica di reflui da trattare che le aziende più piccole, da sole, non possono garantire.