Energy Community: i blocchi costitutivi della Smart Grid

Presentata la 3° edizione del Rapporto sull’evoluzione del sistema elettrico italiano verso il modello della Smart Grid realizzato dall’Energy & Strategy Group della School of Management del Politecnico di Milano

Pubblicato il 7 luglio 2014

Lo Smart Grid Report, articolato in sei capitoli, prende le mosse dalla definizione del concetto di Energy Community, individuando i benefici conseguibili grazie alla sua implementazione ed analizzando le categorie di utenze energetiche potenzialmente interessate a costituirsi in un’Energy Community.

In secondo luogo, è mostrata una mappatura delle soluzioni tecnologiche abilitanti le Energy Community, analizzate dal punto di vista funzionale e della maturità tecnologica, e delle principali iniziative attualmente in fase di realizzazione in Italia. A partire dall’individuazione di diversi ‘modelli’ di Energy Community, si stima la convenienza economica della loro realizzazione, la relativa “sostenibilità energetica” ed il potenziale di diffusione in Italia, ivi comprese le ricadute ‘sistemiche’ sul sistema energetico e sul sistema Paese.

Infine, trattandosi di un settore fortemente influenzato dalle azioni intraprese dal Legislatore, si fornisce un quadro dell’attuale impianto normativo-regolatorio che ha un impatto sulla diffusione delle Energy Community in Italia, evidenziandone i principali ‘limiti’ e delineandone le principali traiettorie attese.

Le Energy Community possono essere definite come un insieme di utenze energetiche che decidono di effettuare scelte comuni dal punto di vista del soddisfacimento del proprio fabbisogno energetico, al fine di massimizzare i benefici derivanti da quest’approccio collegiale, grazie all’implementazione di soluzioni tecnologiche per la generazione distribuita di energia e la gestione intelligente dei flussi energetici. Possono essere interessate a costituirsi parte di un’Energy Community le utenze in ambito residenziale (es. condomini), quelle in ambito industriale (es. distretti industriali) e anche quelle in ambito terziario (es. centri commerciali/logistici). Le aggregazioni poi possono essere omogenee (utenze della stessa categoria) o miste (utenze che afferiscono a diverse categorie).

I benefici ottenibili vanno dal miglioramento della qualità e dell’affidabilità della fornitura di energia all’ottimizzazione della spesa per l’energia e hanno un diverso “peso relativo” in base al tipo di utenza energetica considerata. La realizzazione di una Energy Community richiede l’adozione di un set di tecnologie abilitanti, classificabili dal punto di vista funzionale in tre categorie: produzione ed utilizzo dell’energia; gestione, controllo e monitoraggio dei flussi energetici; distribuzione dei flussi energetici ed informativi.

Per analizzare la sostenibilità economica delle Energy Community, sono stati individuati 5 modelli, ciascuno dei quali caratterizzato da un set di tecnologie abilitanti. In particolare, si sono analizzati due differenti scenari, in funzione del pagamento degli oneri generali di sistema e di rete rispettivamente sull’energia elettrica prelevata dalla rete pubblica (analogamente a quanto previsto oggi per i SEU) o sulla totalità dell’energia elettrica consumata dalle utenze energetiche all’interno dell’Energy Community (direzione verso la quale sembra tendere per il futuro la regolazione). Nel primo scenario, i modelli di Energy Community presentano ritorni economici sull’investimento molto interessanti, soprattutto in termini di tasso interno di rendimento (IRR), con una prevalenza degli ambiti industriale e terziario, che presentano IRR tra il 20% ed il 40%. Il modello residenziale è quello meno sostenibile dal punto di vista economico, con un IRR intorno al 4% ed un tempo di pay-back nell’ordine dei 15 anni.

Viceversa, l’attribuzione degli oneri generali di sistema e di rete sull’energia elettrica consumata ha un rilevante impatto negativo in termini di peggioramento degli economics dell’investimento, aumentando mediamente del 30-50% il tempo di ritorno dell’investimento per i diversi modelli. Tal effetto è particolarmente accentuato nei casi in cui l’implementazione dell’Energy Community permette di incrementare sensibilmente il livello d’indipendenza dalla rete elettrica.

A questo proposito, è stata anche valutata la sostenibilità energetica dei modelli di Energy Community, in termini di riduzione del fabbisogno energetico e di riduzione degli scambi di energia elettrica con la rete. Dall’analisi emerge che, da un lato, la realizzazione delle Energy Community rappresenta un potenziale volano per la promozione degli interventi di efficientamento energetico, inseriti all’interno di iniziative di più ampia portata. Le riduzioni attese del fabbisogno energetico complessivo sono infatti mediamente pari o superiori al 10% nei diversi modelli analizzati. Dall’altro lato, la realizzazione delle Energy Community permette di ridurre il peso delle utenze energetiche sulla rete elettrica di una quantità pari o superiore al 50% rispetto alla situazione precedente alla realizzazione delle Energy Community.

Analizzando i modelli di Energy Community rispetto alle configurazioni impiantistiche attualmente normate, emerge che i modelli industriale e terziario sono quelli più vicini alla ‘fattibilità normativa’, in quanto rientranti in una specifica configurazione impiantistica già definita (i cosiddetti Sistemi di Distribuzione Chiusi), sulla quale tuttavia ad oggi manca il provvedimento che ne regoli l’accesso alla rete. Viceversa, i modelli residenziale ed urbano non sono inquadrabili all’interno delle configurazioni impiantistiche già normate, sebbene le caratteristiche del primo lo rendono assimilabile ad un Sistema Efficiente di Utenza (SEU) multi-cliente. Pertanto, emerge con evidenza che risulta prioritario abilitare il modello di Energy Community in ambito industriale, caratterizzato da un’elevata fattibilità economica e da rilevanti benefici sistemici conseguibili grazie alla sua diffusione, traendo spunto da altre realtà a livello europeo dove tale modello risulta già implementabile. Discorso analogo vale per il modello terziario, dove tuttavia la convenienza economica risulta meno marcata. Viceversa, il modello di Energy Community in ambito residenziale presenta una ridotta fattibilità economica, a fronte di elevati benefici sistemici potenzialmente conseguibili. Appare perciò auspicabile l’avvio di un processo di regolazione di questo modello, valutando anche l’opportunità di introdurre strumenti di incentivazione ad hoc che ne rendano sostenibile la realizzazione.

Il potenziale di diffusione ‘teorico’ in Italia consta di circa 450.000 Energy Community, corrispondenti ad un volume d’investimento nell’ordine dei 500 mld €, la massima parte del quale riferito agli ambiti residenziale ed industriale. A partire da questi valori, sono delineati quattro scenari di diffusione al 2030, sulla base dell’evoluzione tecnologica e del quadro normativo-regolatorio. Lo scenario più ottimistico prevede che al 2030 si realizzino in Italia quasi 100.000 Energy Community, cui è associato un volume d’affari di 160 mld €. Viceversa, lo scenario più conservativo prevede la realizzazione di un numero di Energy Community inferiore ma comunque interessante, nell’ordine delle 25.000 unità. La variabile normativa risulta essere quella più impattante.

A tale potenziale sono associate ricadute sistemiche piuttosto rilevanti. In termini di costi sostenuti a livello di sistema elettrico, questi potrebbero essere ridotti tra 0,3 ed 1 mld € all’anno, mentre altri importanti benefici sistemici conseguibili fanno in primis riferimento alla riduzione della dipendenza energetica dall’estero, di un valore fino a circa 10 mld €/anno ed allo sviluppo di filiere nazionali riferite alle tecnologie abilitanti le Energy Community, le quali potrebbero produrre un giro d’affari nell’ordine dei 10-40 mld €. Affinché tale potenziale si traduca in realizzazioni concrete, appare necessario che il legislatore definisca un framework normativo-regolatorio che promuova la diffusione delle Energy Community, senza trascurare gli impatti di tale diffusione sui gestori di rete.

Infine, analizzando il modello Energy Community nel suo complesso, emergono una serie di criticità, che devono essere attentamente valutate e superate al fine di abilitarne un’ampia diffusione: consapevolezza dei vantaggi derivanti dall’approccio collegiale alla gestione dell’energia; reperimento delle risorse finanziarie necessarie per realizzare l’Energy Community; capacità di prendere decisioni in maniera collegiale e stabilità nel tempo delle aggregazioni di utenze.

Antonella Rampichini



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