Diossina e salute in Campania: parte un nuovo studio

Pubblicato il 15 gennaio 2008

È comprensibile che i cittadini siano allarmati dai rifiuti in decomposizione per le strade, che producono odori nauseabondi e sono portatori di rischi di proliferazione di germi patogeni o vettori di malattie verso l’uomo. Tuttavia, l’incendio dei materiali organici e plastici è la peggiore delle soluzioni possibili: la combustione non controllata produce infatti miscele di sostanze tossiche come diossine, policlorobifenili, idrocarburi policiclici aromatici, alcune delle quali hanno azione cancerogena riconosciuta.

La misura di queste sostanze nell’aria e nel terreno sono dati di inquinamento ambientale importanti anche per stimare il rischio di esposizione per le persone. Ma le vie di esposizione sono molteplici e complesse (ingestione, respirazione, contatto) e sia l’assunzione che l’assorbimento individuale dipendono da diversi fattori come l’alimentazione, l’occupazione, il luogo di residenza e poi il sesso, l’età e la suscettibilità genetica. Per questo, la misura diretta di alcune sostanze nei liquidi biologici (sangue, urine, latte materno) è molto importante per conoscere l’effettiva dose assorbita.

La Regione Campania ha promosso a tale scopo lo studio Sebiorec, che prevede il prelievo di campioni di sangue di 780 persone e del latte materno di 50 donne, in 13 Comuni delle province di Napoli e Caserta, per analizzare il contenuto di diossine e di metalli pesanti. La lista delle persone coinvolte sarà composta casualmente, in modo proporzionale alla popolazione locale, in una fascia di età che va dai 20 ai 64 anni e in Comuni scelti per diverso livello di rischio ambientale. Lo studio sarà realizzato dall’Istituto Superiore di Sanità con la collaborazione di Istituto di Fisiologia Clinica del Consiglio Nazionale delle Ricerche (IFC-CNR), Osservatorio Epidemiologico, Registro Tumori presso Asl Napoli 4 e di cinque tra le Aziende Sanitarie Locali della Regione Campania.

A causa dell’allarme per l’inquinamento da rifiuti la Protezione Civile aveva già finanziato una indagine epidemiologica in Regione Campania, realizzata da OMS, ISS e CNR, che ha consentito di identificare le aree a maggiore rischio per l’ambiente e per la salute. Dopo ulteriori analisi ambientali e sugli animali, la Regione ha ritenuto opportuna la realizzazione di uno studio ampio e analitico, che per dimensione del campione non ha precedenti in Italia e si colloca tra le indagini più estese condotte a livello internazionale.

“Si tratta di informazioni indispensabili per verificare se il livello di contaminazione ambientale abbia aumentato davvero l’esposizione della popolazione e per capire i rischi che ciò può determinare”, spiega Fabrizio Bianchi, dirigente di ricerca dell’IFC-CNR di Pisa. “Dunque l’indagine che stiamo avviando non è mirata alla conoscenza dello stato di salute ma alla conoscenza del livello di esposizione pregressa o recente della popolazione a contaminanti pericolosi la cui presenza è riconosciuta nell’ambiente, tramite misura di biomarcatori e anche un questionario sulle abitudini di vita e di lavoro, indispensabile per capire i dati analitici che si otterranno. È evidente che questi dati saranno anche di grande utilità per interpretare in modo migliore la distribuzione di malattie e decessi sulle stesse aree di studio”.

I risultati di questo tipo di ricerche sono importanti anche per programmare interventi di riqualificazione e protezione ambientale, come le bonifiche, e di prevenzione di malattie, che a questo punto si rendono urgenti. “Questo tipo di ricerca è una delle diverse attività per la costruzione di un sistema di sorveglianza ambiente-salute permanente, in grado di dare a cittadini e amministratori una corretta misura dei rischi, che serva come guida per identificare le priorità di intervento, evitando sia la sottostima dei problemi esistenti, sia gli allarmi ingiustificati. Purtroppo nel campo sanitario ambientale ci sono posizioni che tendono a minimizzare i rischi ambientali, ma anche che esagerano i danni sanitari in assenza di dati certi, alimentando le paure della popolazione già preoccupata. Fare chiarezza in questo senso è doveroso ed è la prima buona azione che lo studio si propone nei confronti della comunità”.

In considerazione della complessità e delicatezza dello studio, i gruppi scientifici ed i tecnici coinvolti nella ricerca invitano tutti gli attori in gioco a fare uno sforzo per coordinarsi nelle ricerche, e nel collaborare a una comunicazione onesta e chiara.

I contenuti specifici dello studio, le modalità e il valore dei risultati per la popolazione saranno presentati in riunioni apposite con i medici di base, gli amministratori e le comunità locali a partire dal mese di gennaio. L’inizio dei prelievi e delle interviste è previsto per il mese di febbraio.



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