Consumi idrici, in Italia è salata anche la bolletta “energetica”
Il consumo energetico per gli acquedotti supera stabilmente quello per l’illuminazione pubblica: gli acquedotti comunali hanno bisogno di immense quantità di energia per le attività di sollevamento, potabilizzazione, depurazione e alimentazione delle condotte adduttrici cittadine
Consumi idrici dei Comuni: continua a essere salata la bolletta energetica italiana. Una primavera estremamente piovosa non cancella, all’arrivo del caldo estivo, il riproporsi del problema della scarsità e dei costi energetici ed economici della gestione delle acque. Una questione che per Alleanza per il Clima (la più grande rete europea di enti locali e territoriali impegnati per una politica di energia intelligente e favorevole al clima) è un tema da affrontare con estrema urgenza anche dal punto del valore energetico notevole che si percepisce direttamente all’uscita dell’acqua dal rubinetto. “I Comuni aderenti al Patto dei Sindaci (network della Commissione europea per raggiungere e superare gli obiettivi del 20-20-20 del quale fanno parte quasi 2.500 Comuni italiani), nella redazione dei loro Piani d’Azione per l’Energia Sostenibile sono chiamati a dar conto dei propri consumi energetici anche in riferimento ai consumi delle infrastrutture di servizio pubblico, direttamente o indirettamente attribuibili alla competenza comunale. Tra questi – sottolineano da Città di Castello, sede italiana di Alleanza per il Clima – è emerso evidente il peso e il relativo potenziale di risparmio energetico delle infrastrutture pubbliche del servizio idrico, voce che in molti bilanci energetici comunali ha addirittura superato quella relativa ai consumi per la pubblica illuminazione”.
Stando ai dati di Terna, relativi al quinquennio 2007-2011, in Italia il consumo energetico per acquedotti supera infatti stabilmente quello per l’illuminazione pubblica (con ad esempio, nel 2011, 6.262 GWh per gli acquedotti e 6.202 GWh per l’illuminazione). Gli acquedotti comunali infatti hanno bisogno di immense quantità di energia per le attività di sollevamento, potabilizzazione, depurazione e alimentazione delle condotte adduttrici cittadine. “Appare evidente”, proseguono da Alleanza per il Clima, “come questo capitolo di spesa energetica sia importante e meritevole di uno sguardo attento alla gestione idrica, per monitorare perdite e consumi e ridurre al minimo le dispersioni, individuando possibili risparmi a parità dei servizi. La riduzione del fabbisogno idrico in questo caso vale doppio, ma mentre l’acqua persa o sprecata comunque rientra nel ciclo naturale, è l’energia elettrica che viene definitivamente persa con la corrispondente CO2 emessa inutilmente in atmosfera”.
Basta pensare che il tasso di dispersione medio dell’acqua potabile immessa negli acquedotti su territorio nazionale è del 32%, con picchi in Puglia (53%), Sardegna (54%), Molise (56%) e Abruzzo 56%. Molto spesso questi consumi sono direttamente gestiti dai Comuni o da società di servizio, coordinate da consorzi di Comuni con società municipalizzate o ex municipalizzate ancora gestite dagli stessi Comuni. “Da qui l’importanza per le amministrazioni di rendicontare tali consumi – utilizzando ad esempio il software ECORegion – al fine di poter pianificare eventuali interventi di riduzione delle dispersioni e di risparmio che, oltre ad avere ricadute sulle emissioni locali di CO2 hanno anche elevati potenziali di risparmio economico per le casse comunali”. Ancora una volta il Patto dei Sindaci diventa così occasione per porre attenzione in questo ambito, permettendo ai Comuni di confrontarsi e mettere in campo buone pratiche per la riduzione dei consumi.
Alleanza per il Clima: http://www.climatealliance.it
ECORegion: http://www.bilancio-co2.it
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